Non è facile portare in scena I Vespri siciliani di Giuseppe Verdi, una delle sue opere più lunghe in termini di durata complessiva e allo stesso tempo modulate su melodie sempre piuttosto brevi, spesso asimmetriche e sincopate, assediate dalla cosiddetta «figura della morte», appena tre note ripetute ossessivamente. Insomma poca espansione lirica e molta austerità, a contrassegnare una stagione di passaggio nella vita del compositore, in cerca di un nuovo linguaggio, con alle spalle Traviata e Trovatore e a venire, tra le altre, Simon Boccanegra e Don Carlos: la commissione dell’Opéra di Parigi, la seconda delle tre che Verdi accettò...