Si dice che il maligno si nasconda nei dettagli. Ma nei dettagli soprattutto si rivela. Non tanto negli insulti o nelle diffamazioni che occupano le prime pagine dei giornali o la sfera dell’indignazione istituzionale, quanto in qualche parola che, piovuta dal galateo della politica, ne mette in evidenza i lati più oscuri. Uno dei quali è la sacralizzazione del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, la cui natura divina si era già rivelata nella sua miracolosa resurrezione politica. La seconda carica sacerdotale dello stato, il presidente del senato Grasso, ci diffida ora non solo dal pronunciare il suo nome invano, ma dal pronunciarlo punto e basta. Il blasfemo di turno, un senatore del Movimento 5 stelle, nel corso di un intervento pacato fino alla noia, aveva osato niente meno che riferire piattamente di un intervento del presidente, riportandone addirittura tra virgolette le parole. Per ben due volte Grasso lo ha interrotto per ricordare l’impronunciabiltà del sacro nome. Napoleone si voleva imperatore per «grazia divina e volontà della nazione». A più di due secoli da allora è solo la prima ad essere rimasta decifrabile.
In fondo il carattere del sacro è di non avere alternative che
non coincidano con il Male. Nulla salus extra ecclesiam, che tradotto nella neolingua della politica italiana vuol dire «nessuna salvezza fuori dalle larghe intese» e contro papa Giorgio
che le benedice e le guida.