Ci siamo sempre chiesti se le città sembrassero più attraenti osservandole dal basso, lungo le strade, oppure dall’alto, scrutandole dai tetti. Il dubbio è maturato via via che il traffico veicolare veniva precluso nelle aree centrali. La pedonalizzazione ci ha fatto guardare intorno, scorgere dettagli di ambiti urbani, ancorché familiari, fino ad allora sfuggiti alla marcia frettolosa delle auto. Nei centri antichi, attraversando il corso e le vie principali, si concentrano le facciate degli edifici importanti. Facciate di vari stili, severe o adorne, comunque imponenti, che a contemplarle fanno avvertire il peso della loro storia. Ma le prospettive dalla strada, a portata di sguardo di chiunque, col tempo diventano scontate, immaginabili, persino svuotate d’interesse. Come apparirebbe il frontale di una basilica o la pianta di una piazzetta, ascendendo alla sommità di edifici per un punto di vista nuovo, una veduta a volo d’uccello, diciamo? Quando le città erano più piccole e i vari uffici pubblici, dislocati quasi sempre in conventi dismessi, si trovavano raccolti in centro, vi accedevamo fin sopra i piani alti. Poi gli agglomerati si sono estesi progressivamente, gli uffici decentrati nelle periferie presso immobili di recente costruzione mentre quelli che li ospitavano, svuotati di funzioni, sono stati abbandonati; altri, acquisiti da privati, riconvertiti in contenitori per studi professionali o per attività di tipo ricettivo.
Capitando in qualcuno di essi, ricaviamo dai balconi una visuale inedita, sulle prime gradevole, del palazzo d’epoca dirimpetto, dell’ordito geometrico dei selciati stradali, dello slargo regolare punteggiato di alberi. Ma sbirciando sul retro, nei cupi vuoti interni condominiali, c’imbattiamo in pareti di pietra umida e maleodorante, mai scaldate dal sole, che scendono viscide fino al suolo. Il retro di qualsiasi cosa si scopre immancabilmente trasandato, povero di luce e di vita, ancor più se si tratta di un edificio: un chiostro scaduto a garage, un giardino privo di fiori e lasciato a inselvatichire, un cortile con accatastati manufatti inservibili, un vicolo cieco e dal fondo sconnesso privatizzato da inferriate. Insomma, il dietro le quinte di aree urbane, benché centralissime, il cui destino resta in mano alla discrezionalità (interessata) dell’intervento dei singoli. Questa però è un’altra problematica. Tornando alla città vista dal di sopra, essa si appalesa, nel complesso, come una casa scoperchiata, senza tetto, che mette a nudo impietosamente il mattutino disordine domestico. Dal basso invece la città che attraversiamo, lustra o sudicia che sia, continua a pulsare, anche senza auto, e riesce a serbarci sorprese non appena voltiamo l’angolo di una via.