Medici costretti a ricorrere alla ventilazione manuale per mancanza di ossigeno, pazienti curati sul pavimento a causa del sovraffollamento degli ospedali, cadaveri in attesa di sepoltura nei cimiteri strapieni. «Neanche nel peggiore dei miei incubi ho immaginato potesse accadere una cosa simile», ha affermato Gabriela Oliveira, uno dei medici dell’ospedale Getúlio Vargas a Manaus, la capitale dello stato brasiliano di Amazonas dove l’aumento dei casi di Covid-19 ha provocato il collasso del già precario sistema sanitario locale. «Non sappiamo come assistere i malati, non troviamo le parole per consolare i familiari.

È una cosa che lascerà cicatrici permanenti nei nostri cuori», ha denunciato.

Ma al di là della diffusione in Amazzonia di una variante particolarmente aggressiva del virus, si tratta, ancora una volta, di una tragedia in buona parte evitabile. «Durante la prima ondata – ha dichiarato l’arcivescovo di Manaus Leonardo Ulrich Steiner -, le persone morivano in Amazonas e Roraima per mancanza di informazioni, posti in ospedale, letti nelle terapie intensive. Oggi, le persone muoiono per mancanza di posti in ospedale, nelle terapie intensive e, per quanto incredibile appaia, di ossigeno».

Tanto più incredibile in quanto, secondo il procuratore di Amazonas Igor da Silva Spindola, la direzione logistica del Ministero della Salute si sarebbe riunita solo giovedì, malgrado la richiesta di ossigeno fosse arrivata ben quattro giorni prima. Sul banco degli imputati c’è sempre lui, Bolsonaro, accompagnato dal suo fido e incompetente ministro della salute Pazuello. Il primo, il presidente, impegnato come al solito ad autoassolversi: «Stiamo facendo quello che va fatto. Terribile, il problema che c’è a Manaus. Noi abbiamo fatto la nostra parte, con mezzi e risorse».

Il secondo prontissimo a scaricare la responsabilità sulla fragile infrastruttura ospedaliera della città, sull’umidità e sulla presunta mancanza del cosiddetto «trattamento rapido» a base di idrossiclorochina e ivermectina. Meritandosi così l’immediata replica del responsabile della terapia intensiva del Getúlio Vargas Monteiro Neto, secondo cui tutti i pazienti da lui visitati avevano assunto i farmaci prescritti dal trattamento, ma senza riportare benefici.

Di fronte al clamore per l’emergenza sanitaria a Manaus, con tanto di pronunciamento della Corte Suprema per l’adozione di misure immediate, il governo si è rivolto agli Stati uniti sollecitando l’invio di bombole di ossigeno.

Ma l’unico paese a rispondere all’appello è stato il Venezuela sotto embargo: come ha reso noto il ministro degli Esteri Jorge Arreaza, il governo si è subito attivato con il governatore di Amazonas Wilson Lima per mettere immediatamente a disposizione l’ossigeno necessario. «Solo il Venezuela ci è venuto in soccorso», ha affermato il governatore ringraziando Maduro. Un aiuto apprezzato persino dall’Estado de S. Paulo, che, una volta tanto, lo ha definito «presidente» anziché «dittatore».