Suona quasi come uno scherzo, il titolo di questa mostra, 100 anni di Pace. Se pensiamo a tutte le guerre che questo ultimo secolo ha visto scoppiare, a cominciare dalla Prima a chiamarsi Mondiale di cui ricorrerebbe quest’anno l’anniversario della fine – mentre ecco ripresentarsi tutte le avvisaglie che la provocarono, appunto, cento anni fa. Otto milioni di morti in circostanze spaventose, come nel 1927 l’anarchico tedesco Ernest Friedrich documentò in un libro impressionante come testimonianza e soprattutto per le foto (in Italia uscì solo nel 2004, Ed. Mondadori: Guerra alla guerra, 1914-1918 scene di orrore quotidiano. Appunto…).
Per cui questa mostra è piuttosto il racconto di quella continua invenzione e performance di quel collettivo teatro che abbiamo chiamato pacifismo, che per un attimo, ai tempi delle fiumane contro la guerra in Iraq (2003/2004) sembrò affermarsi come seconda potenza mondiale, per poi rifluire – al punto da non sapere più dov’è oggi che ce ne sarebbe gran bisogno – nella turbina globale di conflitti sempre più inevitabili e locali. E però: che bel film che è stato, sempre…
Ed eccoci infatti dinnanzi ai fotogrammi di questo gran bel film, tutti straordinari, unici, imperdibili, laboriosamente recuperati dai ricercatori del Centro Studi Sereno Regis (un lavoro durato anni) e poi frutto di paziente selezione e infine esposti apparentemente senza ordine all’interno di questa bellissima installazione di bacchette e snodi, una cupola geodetica ideata dalla scenografa Paola Bizzarri «per simboleggiare una struttura molecolare in grado di riprodursi all’infinito», per rendere cioè al meglio il senso davvero universale, contagioso, ovunque, di questa storia. Una storia che in effetti avrebbe poco senso rievocare cronologicamente e tanto più godibile invece come gioco di richiami, tra mondi lontani e diversamente assediati, che in continua risonanza trovano ancor più forza di resistere – e nel riscoprire l’impensabile audacia di certi momenti lontani nel tempo, in sgranato bianco e nero, ritrovano nuova spinta, ispirazione.
Perché cos’è il pacifismo, se non continua invenzione, creatività, scommessa, gioco, body art alle estreme conseguenze e nel supremo piacere del collettivo, nel thrilling delle sfide e degli «effetto sorpresa», compreso il reality dei manganelli, lacrimogeni, per non dire detenzioni, o peggio… Ed eccoci di fronte a quella fila di corpi a terra ripresi di sbieco dal fotografo Bruno Stefani nell’agosto del 1983 di fronte alla base Usa di Comiso, Sicilia – e il fotogramma successivo cattura le cannonate d’acqua sparate dalla polizia; e poi le tante donne, perché la protesta di Comiso, come quella più recente contro il Muos a Niscemi, fu essenzialmente protesta di madri. Ed ecco le immagini di audacia acrobatica inscenate un po’ ovunque da Greenpeace – che però non adombrano la semplice efficacia dei cerchi di donne intorno ai loro alberi nell’Uttarakhand, India del Nord; né l’autenticità di tante marce campesine o tra gli ulivi della Palestina, o per l’anniversario di Hiroshima. E poi i ritratti dei tanti e tante che in qualche modo hanno guidato, animato, ispirato, e dei molti che non sono più, martiri di una resistenza che è comunque proseguita, sempre, anche in loro onore. E poi la natura, teatro di uno scempio, anzi violenza, di cui tutti siamo consapevoli, al quale tutti in qualche modo partecipiamo e che poco pacificamene ormai si ribella, esonda, esplode, frana, trascina via, l’horror movie di questi ultimi tempi anche qui da noi, e non solo alla tv.
Tutto questo si è inaugurato lo scorso weekend nella sede del CSSR, nella Sala Poli ricavata da quello che fu il primo cinematografo (1907) sulla centralissima Via Garibaldi di Torino, e proprio nei giorni di Artissima: bellissima sfida, con gli studenti della Liceo Coreutico Germana Erba a impersonare (bravissimi tutti, e sono tanti) le voci, di Rosa Parker, Rachel Carson, Martin Luther King, Patrice Lumumba, Nelson Mandela, Aldo Capitini, Gandhi, Vandana Shiva, Jane Goodall e tanti altri, le testimonianze, esperienze, episodi, protagonismi, sconfitte, vittorie di questa lunga storia sono in effetti tantissime. Tra documentari, film, seminari, incontri, il programma proseguirà fino ai primi di dicembre; sabato scorso è stata la volta di Marinella Correggia, nella rievocazioni dei disastri di tante guerre, a cominciare appunto dalla Prima Guerra Mondiale e poi via via fino ai giorni nostri, il conflitto è ormai ovunque. Lunedì 12 il tutto si sposta al Polo del ‘900 con lo spettacolo Voci tra la terra e in cielo, di e con Pamela Guglielmetti e Michele Osella, in collaborazione con Fondazione Vera Nocentini ed Emergency. Da non mancare martedì 13 novembre, l’incontro con la grandiosa Radha Bhatt, di professione «constructive worker», attivista gandhiana di grande spessore umano e culturale che ha dedicato la sua vita alla realizzazione di programmi di sviluppo nei villaggi dell’Uttarkhand, sulla scia dell’insegnamento di Gandhi che non ha mai smesso di ispirare i movimenti pacifisti del mondo intero. Radha sarà in Italia grazie a OraWorldMandala (OWM), movimento internazionale per la pace il cui obiettivo è diffondere la pratica della Ahimsa (nonviolenza) creativa attraverso «l’ArteScienza del Mandala».
E insomma una mostra che si fa davvero godere per quella dimensione di vissuta rappresentazione che è sempre stata e continuerà ad essere in tanti modi diversi, emulando la classica sathyagraha di Gandhi (un classico) oppure coniando chissà cos’altro, via social, ma senza assolutamente mancare la piazza, perché quella resta la scena. E quindi emozionante anche quando rievoca la disfatta, mai spenta anche quando piange i suoi morti, in grado di rigenerarsi e persino sorridere, ironizzare anche quando sembrerebbe al capolinea. Come ci sorprendiamo a pensare di fronte a un poster che ricorda la vicenda di Ken Saro-Wiwa, scrittore, produttore televisivo, attivista ambientale pluri-premiato e impiccato nel 1995 dalla dittatura militare in Nigeria. Poster concepito come la locandina di un film, con elencati i credit: personaggi e interpreti, gli abitanti della Nigeria; luogo delle riprese, Ogoniland; direttore esecutivo il generale Sani Abacha… Produzione della «diplomazia silenziosa»: Royal Dutch Shell.
Per la lista completa degli appuntamenti: http://serenoregis.org/100-anni-di-pace-il-progetto/la-mostra-100-anni-di-pace/