Un martire della libertà d’espressione. Di più: un eroe nazionale che si è battuto per i suoi soldati. La trasformazione del generale (destituito) Roberto Vannacci in una figura pubblica – e forse in un leader politico – si muove su queste due direttrici: un uomo capace di parlare chiaro e di dire le cose come stanno, ma anche un integerrimo difensore dei ragazzi che rischiano la vita in giro per il mondo per la nostra Nazione.

È così che il rapporto con cui Vannacci il 13 marzo del 2019 denunciava «gravi e ripetute omissioni nella tutela della salute e della sicurezza del contingente italiano costituito da migliaia di militari impiegati in Iraq e sottoposti all’esposizione all’uranio impoverito senza che alcuna informazione fosse fornita al riguardo e senza che alcuna mitigazione dei rischi fosse attuata» diventa la prova provata che gli attacchi subiti nelle ultime settimane non siano stati causati dai contenuti del suo libro «Il mondo al contrario» ma dalla sua decisa presa di posizione su un tema effettivamente pesante come quello della salute dei soldati. A destra (molto a destra) sono convinti che ci sia Sergio Mattarella dietro tutto questo, dipingendo un complotto enorme ai danni del generale.

PECCATO CHE non sia vero niente: Vannacci è arrivato buon ultimo nel denunciare lo scandalo dell’uranio impoverito, peraltro lo ha fatto dopo essere stato per lunghi anni parte dello Stato maggiore italiano, anche quando il tema era già noto, indagato e persino oggetto di una commissione parlamentare d’inchiesta, presieduta dal dem Gian Piero Scanu. Tra tante polemiche e poca volontà da parte dei vertici militari italiani di ammettere il problema, in ogni caso, questa commissione, nel febbraio del 2018, votò a larghissima maggioranza la sua relazione finale in cui parlava esplicitamente di nessi causali tra tumori ed esposizione all’uranio impoverito. E questo avviene un anno prima della relazione di Vannacci, che da poco aveva lasciato la guida del contingente italiano in Iraq. Il 31 gennaio del 2019, poi, il successore di Vannucci al vertice delle truppe dell’operazione «Prima Parthica», Nicola Terzano, aveva emanato una direttiva proprio sui rischi dell’uranio impoverito.

IN OGNI CASO, la denuncia sull’uranio impoverito non ha in alcun modo leso la carriera di Vannacci. Tutt’altro: nel gennaio del 2020, il generale è andato a ricoprire il prestigioso ruolo di addetto per la Difesa alla rappresentanza italiana di Mosca, con accreditamenti anche in Bielorussia, Armenia e Turkmenistan. L’avventura finirà nel settembre del 2022, quando Vannacci, come anche altri, viene espulso da Mosca in qualità di «persona non grata»: una delle numerose conseguenze diplomatiche della guerra in Ucraina. Il 21 giugno del 2023, infine, l’ultima poltrona: il generale diventa capo dell’Istituto Geografico Militare di Firenze. Anche qui non si tratta di un posto di seconda scelta.

LA RELAZIONE di Vannacci sul caso dell’uranio impoverito va letta più che altro come una mossa di posizionamento all’interno del complicato universo italiano della Difesa. Il generale, infatti, aveva puntato il dito soprattutto contro il Coi (Comitato Operativo Interforze) ai tempi presieduto dall’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, che poi nel 2019 diventa Capo di stato maggiore spinto dalla Lega e che adesso Giorgia Meloni vorrebbe proporre come comandante generale della Nato.

Ed è forse questa la chiave giusta per comprendere tutti i risvolti della vicenda vicenda: uno scontro interno alla destra per le nomine militari. Non è del tutto un caso, infatti, che Vannacci sia diventato il beniamino degli oppositori interni di Meloni, da Gianni Alemanno (che punta alle europee dell’anno prossimo) fino a Matteo Salvini, che ora recita la parte di suo grandissimo fan.

DALL’ALTRA PARTE, mentre la premier continua a tacere, c’è il ministro della Difesa Maurizio Crosetto, che ha sin da subito condannato senza mezzi termini Vannacci e i messaggi omofobi e razzisti contenuti nel suo libro. E che, paradossalmente, proprio per questo motivo è rimasto solo a fronteggiare l’orda nera di cui aveva sempre negato l’esistenza: quelli che vogliono i colonnelli al potere e ormai non lo nascondono nemmeno più.