Un discorso abile, centrato sui “valori repubblicani”, per cercare di limitare i danni della “fronda” socialista al voto di fiducia del governo Valls II, nato a fine agosto dopo le dimissioni forzate dei ministri dissidenti, Arnaud Montebourg in testa. Ma non ha convinto: il governo passa, con 269 voti a favore (244 contrari), pero’ non ha più la maggioranza assoluta (289) e ha perso 37 deputati rispetto al primo voto di fiducia dell’8 aprile scorso (31 astensioni Ps), con la dissidenza legata a Martine Aubry che si struttura. I Verdi si sono astenuti in massa, accusando Valls di aver sorvolato sulle problematiche ecologiche. Il Front de Gauche ha votato contro, come la destra, che aspetta per domenica il ritorno in politica di Nicolas Sarkozy. Il primo ministro, Manuel Valls, si è presentato come un “riformista” che difende l’eguaglianza senza “ideologia”, ha teso la mano alla sinistra socialista dissidente mostrandosi determinato sul fronte europeo – invitando la Germania ad “assumersi le proprie responsabilità” – negando con un elenco di decisioni prese che nella Francia di Hollande sia stata imposta l’austerità e assicurando che né le 35 ore né lo Smic (salario minimo) non saranno rimessi in causa. Valls ha preso di mira l’ultimo assalto del Medef (la Confindustria francese) contro i diritti del lavoro. Ma, nella sostanza, il primo ministro non cambia politica: sono confermati i 50 miliardi di tagli alla spesa pubblica e i 40 miliardi di sgravi alle imprese. Una mano tesa alla destra, che pero’ gli ha voltato le spalle, votando contro la fiducia a un governo che “ha i giorni contati”, che Valls ha chiesto, anche se la Costituzione non lo obbliga: “governare è resistere, tenere, riformare, dire la verità”.

Dopo due settimane di terremoto nelle stanze del potere, tra il libro al veleno di Valérie Trierweiler e lo scandalo del sottosegretario Thomas Thévenoud che non pagava da tre anni le tasse perché affetto da “fobia amministrativa”, Valls ha cercato di riprendere la mano, di ritrovare la fiducia del parlamento, mentre nei sondaggi ormai anche il primo ministro segue pericolosamente il crollo di Hollande. Domani toccherà a François Hollande cercare di riacquisire un po’ di fiducia nell’opinione pubblica, con la conferenza stampa della ripresa all’Eliseo. Il tutto per cercare di superare l’ostacolo della finanziaria 2015, questo autunno, che potrebbe di nuovo sollevare defezioni all’interno della maggioranza. Valls ha utilizzato il tasto della “responsabilità” verso i suoi, e del ruolo della Francia nel mondo in un appello all’opposizione, in un “contesto internazionale pieno di minacce”, per far fronte alle quali ci vorrebbe “l’unità nazionale” (che nei fatti esiste solo per votare la versione francese del Patriot Act, una legge che limita le libertà, in particolare con controlli su Internet, in nome della sicurezza).

Valls tra qualche giorno andrà a Berlino per incontrare Angela Merkel. Alla Germania e alla Ue il primo ministro dice che “la Francia decide da sola cosa deve fare”, anche se un “accordo con la Germania è indispensabile”. Merkel deve “ascoltare il messaggio” che viene dalla Francia (e non solo), per ricreare un’Europa che sappia “rispondere alle attese delle popolazioni”. Il primo ministro ha evocato i famosi 300 miliardi di euro di investimenti promessi dalla Commissione Juncker: questo stimolo è ormai diventato l’ultima ancora di salvataggio a cui si appigliano i governi dei paesi in crisi della Ue. Comunque, Valls ha confermato che la Francia non rispetterà il Fiscal Compact e che i deficit saranno quest’anno al 4,4%.

Paradossalmente, il Medef ha dato una mano al primo ministro, con la violente offensiva degli ultimi giorni contro i diritti del lavoro. Secondo indiscrezioni uscite sui giornali, il Medef – che aveva concesso a Valls una standing ovation neppure un mese fa per il discorso dove il primo ministro aveva dichiarato “io amo l’impresa” – adesso chiederebbe la fine della durata legale del lavoro (ora a 35 ore), lasciando la trattativa a livello delle singole imprese, la liberalizzazione del lavoro la domenica e di notte, la soppressione di giorni feriali, oltre all’abolizione dello Smic (salario minimo), a cominciare dai disoccupati di lunga durata che riprendono un lavoro. Valls ha detto “no” a tutte queste domande. Ha anche promesso un “gesto” a favore delle pensioni più basse (fino a 1200 euro al mese) e un aumento a 800 euro al mese delle minime (600mila persone). Ci sarà anche un calo delle imposte per 6 milioni di famiglie.