Un ragazzo di 15 anni è stato accoltellato da un conoscente appena maggiorenne all’uscita della scuola, riportando una seria ferita alla coscia. L’aggressore, che ha atteso il 15enne davanti al Centro di Formazione Professionale Afol (un istituto di Pieve Emanuele, in Lombardia) è stato arrestato per lesioni personali aggravate, gli inquirenti gli contestano anche la premeditazione e i futili motivi. Una lite sui social sarebbe all’origine dell’episodio, il secondo in due giorni nelle scuole. Lunedì scorso a Varese una professoressa era stata accoltellata alla schiena da uno studente, per fortuna senza gravi conseguenze.

Il ministro dell’Istruzione (e merito) Valditara, che da tempo opera per un ritorno dell’autoritarismo nelle scuole, ne ha approfittato per rilanciare la sua riforma della condotta e le altre misure repressive che intende adottare. «Ho proposto al ministro della Giustizia una norma che prevede, laddove vi siano state aggressioni, atti di violenza, reati nei confronti di personale della scuola, che si possa agire in giudizio civilmente per ottenere una riparazione dei danni da immagine che l’istituzione scolastica ha subito» ha detto ieri durante un incontro in Puglia. Annuncio che ha fatto seguito alla circolare di lunedì con la quale ricordava ai dirigenti di «segnalare alle autorità» gli occupanti per il reato di danneggiamento di proprietà pubblica. Sempre a supporto del pugno duro, il ministero ha anche per la prima volta comunicato i numeri della banca dati che ha istituito a Viale Trastevere: «Nell’ultimo anno scolastico avevamo avuto 36 casi ora, dopo 5 mesi, siamo a 27 con un aumento del 111% degli atti di violenza nei confronti del personale della scuola, mentre sono in diminuzione gli atti di violenza commessi da studenti, meno 11%». Aggiungendo poi che si deve «ragionare sul fatto che nelle nostre scuole sia in crisi il concetto di autorità».

Forse proprio a questo ragionamento è dovuta l’ultima proposta del ministro sui poliziotti a scuola, lanciata dalle pagine del Messaggero: «Nelle aree particolarmente a rischio si può immaginare una presenza delle forze dell’ordine a protezione di alcune scuole». In realtà, presidi delle forze dell’ordine nelle piazze di spaccio vicino le scuole già ci sono e i numeri dell’organico della polizia non fanno pensare a un possibile dispiego di massa. Ma la sparata ha subito trovato il sostegno delle associazioni dei presidi. DirigentiScuola, oltre a ringraziare il ministro «per la disponibilità all’ascolto», fa appello al Parlamento «affinché si approvino subito le norme in discussione».

L’Associazione nazionale presidi si dice «favorevole all’iniziativa del ministro» ma aspetta di «leggere in dettaglio per poter esprimere una valutazione compiuta». La Flc Cgil denuncia: «Forze dell’ordine a protezione delle scuole e l’inasprimento delle pene: ancora una volta risposte di tipo repressivo che trascurano la complessità del fenomeno». Il sindacato contesta il metodo indicato dalla destra per restituire autorevolezza alla scuola: «Dopo anni di cattive riforme – dice la Flc – serve un nuovo posizionamento sociale, servono investimenti per una ristrutturazione dell’intero sistema, recuperare la missione costituzionale». La proposta non ha convinto neanche il Movimento italiano genitori, Moige, di solito su posizioni molto conservatrici: «Attenzione a non trasformare le scuole in fortini». Contrarie anche le associazioni studentesche. «Già con i decreti sicurezza di Salvini – scrive l’Unione degli Studenti – abbiamo visto aumentare le forme di repressione nei confronti del corpo studentesco con perquisizioni, sanzioni, cani anti droga. Aumentare le forme punitive non serve a contrastare la violenza ma solo a marginalizzare chi vive situazioni di disagio».