Le proteste andranno avanti «tutti i giorni, fino a che non rinuncino». È con questa parola d’ordine che il popolo paraguayano è mobilitato da una settimana contro l’incompetente gestione dell’emergenza Covid da parte del governo di Mario Abdo Benítez. E a nulla sono serviti i ricambi ministeriali operati dal presidente, figlio dell’omonimo braccio destro del dittatore Alfredo Stroessner, nella speranza di placare la rabbia della popolazione, né le dimissioni del ministro della Salute Julio Mazzoleni, sotto attacco da parte del parlamento e dei sindacati degli operatori sanitari.

Preoccupata per l’aumento dei contagi, l’assenza di vaccini e il collasso di un quasi inesistente sistema di salute pubblico, ma anche esasperata dalla corruzione imperante, dall’impunità e dalla crisi economica, la popolazione esige la rinuncia dello stesso debole e inadeguato «Marito», come viene chiamato il presidente, e di tutta la compagine governativa.

«Il presidente governa come se non ci fosse una pandemia», ha dichiarato l’ex presidente Fernando Lugo, rovesciato da un golpe parlamentare nel 2012: «La priorità oggi è la vita delle persone e Abdo continua a inaugurare strade e ponti. La pazienza della gente è finita». Così, il destino del presidente sembra essere appeso a un filo, dinanzi alla minaccia di un processo di impeachment difeso non solo dall’opposizione ma anche da esponenti dello stesso Partido Colorado in cui milita Abdo.

Ma se la crisi sanitaria attraversata dal paese, che oggi registra oltre 174mila contagi e 3.387 decessi su una popolazione di circa 7 milioni di abitanti, ha già provocato le dimissioni del ministro della salute, il caso paraguayano non è comunque isolato in America latina, dove, a fronte di 700mila morti e di quasi 22 milioni e mezzo di casi, non mancano di certo scandali e proteste.

In appena un mese, altri tre titolari del ministero della salute hanno dovuto non a caso rinunciare all’incarico, e tutti e tre per le irregolarità commesse nella campagna di vaccinazione. La prima a cadere, il 12 febbraio, è stata la ministra peruviana Pilar Mazzetti, travolta dal «vacunagate», lo scandalo che ha coinvolto quasi 500 alti funzionari, tra cui l’ex presidente Martín Vizcarra, vaccinati in segreto contro il Covid con settimane di anticipo rispetto al personale sanitario e alle fasce più a rischio della popolazione.

Stessa sorte è toccata, una settimana dopo, al ministro argentino Ginés González García, colpevole di aver riservato migliaia di dosi di Sputnik per garantire in via preferenziale la vaccinazione dei suoi alleati politici. Un caso che ha macchiato in maniera indelebile anche l’immagine del giornalista Horacio Verbitsky (famoso per la sua implacabile opposizione alla dittatura militare e per le sue critiche alla condotta tenuta all’epoca da Bergoglio): è stato lui stesso, peraltro, a far esplodere lo scandalo, rivelando, in una trasmissione radiofonica, di aver avuto accesso al vaccino grazie a un favore del suo «vecchio amico» García.

Infine, il 26 febbraio, è stata la volta del ministro ecuadoriano Juan Carlos Zevallos, costretto alla rinuncia dopo la pubblicazione della notizia che lui e i suoi familiari erano stati vaccinati già alla fine di gennaio, prima ancora del personale medico.

Chi invece è ancora al suo posto è il ministro brasiliano Eduardo Pazuello, il quale sembra, incredibilmente, resistere a tutto: alle roventi critiche contro l’incompetenza dimostrata fin dal suo insediamento – con frasi celebri del tipo che il ministero della salute non sarebbe «una macchina per fabbricare soluzioni» -, all’indagine sulle omissioni relative al collasso del sistema sanitario a Manaus, e persino all’inerzia di fronte alla nuova pesantissima ondata che ha investito il paese, portando il numero di morti a più di 270mila, con il record di 2.286 decessi registrato mercoledì.