V per Vaccino. L’Europa che si affranca dalla Covid-19 si vorrebbe ritrovare unita almeno nel giorno dell’avvio della campagna di vaccinazione. Un momento simbolico, catartico, che il presidente dell’Europarlamento Davide Sassoli ha fortemente caldeggiato e che Ursula von der Leyen ieri ha annunciato a Strasburgo, durante la seduta plenaria. «Noi 27 iniziamo insieme, lo stesso giorno», comunica la presidente della commissione Ue. Ma è una vaccinazione di massa simbolica, con poche migliaia di dosi inoculate ai primi cittadini selezionati in ciascuno Stato.

Quella vera comincerà (almeno) «da metà gennaio», ma «ci vorranno mesi» per coprire la maggior parte della popolazione, come ha avvertito il ministro degli esteri Luigi Di Maio, ammettendo che il piano di programmazione è ancora in embrione, allo studio del commissario straordinario Domenico Arcuri. In più ,neppure il tempo di annunciare come saranno ripartite tra le regioni le prime 1.833.975 dosi di vaccino inviate da Pfizer, che dalla Campania il governatore De Luca solleva le prime proteste.

IN OGNI CASO, fa sapere l’ufficio di Arcuri, se «l’Ema approverà, nella seduta del 21 dicembre, l’immissione sul mercato del vaccino» Pfizer/BioNTech, «e dopo la successiva, pressoché immediata, validazione dell’Aifa, ci sarà, già prima della fine dell’anno, il Vaccine Day europeo», così come «concordato tra i ministri della Salute di Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Olanda, Spagna e Svizzera». In realtà, l’unità europea non è a presa rapida neppure sulla scelta del V-Day. L’Italia, però, con il suo ministro della Salute, sta cercando di coordinarsi almeno con Parigi e Berlino, per scegliere una data che potrebbe cadere tra il 26 e il 28 dicembre. «Ho proposto, insieme ai ministri di altri 7 Paesi Europei, tra cui Francia e Germania, che le vaccinazioni partano lo stesso giorno già nel mese di dicembre – scrive su Fb Roberto Speranza – Ci vuole ancora cautela e prudenza nei prossimi mesi, finché non avremo raggiunto una copertura vaccinale sufficiente, ma la strada è giusta e finalmente si vede la luce in fondo al tunnel».

ALLE REGIONI arriverà il 90% delle dosi richieste, spiega il commissario straordinario, perché – visto che si comincerà dalle categorie più a rischio come operatori sanitari e sociosanitari, personale ospedaliero, ospiti e personale delle residenze per anziani, e dato che la vaccinazione non è obbligatoria – «verosimilmente non sarà vaccinato il 100% del personale sanitario». I dettagli della ripartizione sono stati discussi ieri mattina in una riunione con governo e giunte regionali. Le prime 1.833.975 dosi saranno così distribuite: alla Lombardia, la più colpita, andranno 304.955 “shot”, all’Emilia Romagna 183.138, al Lazio 179.818, e poi via via Piemonte (170.995), Veneto (164.278), Campania (135.890), fino alla Valle d’Aosta con 3.334 dosi.

La vaccinazione però si potrà considerate avvenuta solo dopo la seconda somministrazione. Perciò nelle settimane successive arriveranno da Pfizer altre 2.507.700 dosi che verranno ripartite con gli stessi criteri, seguendo la diffusione del virus, e serviranno anche per «avviare la vaccinazione della popolazione più fragile». Un metodo contestato dal presidente della Campania, Vincenzo De Luca, che invece al governo aveva proposto di tenere conto della densità di popolazione del territorio, e «insisterà – si legge in una nota – nella richiesta di commisurare il piano di attribuzione dei vaccini a criteri oggettivi, che evitino qualsiasi disparità di trattamento e deprecabili competizioni territoriali».

AL NETTO delle polemiche, che non risparmiano neppure la compagine governativa, rimane da vedere quanto il territorio sia poi davvero pronto all’avvio della campagna di massa. Qualche dubbio lo esplicita perfino la sottosegretario alla Salute, Sandra Zampa, in un’intervista a InBlu Radio: «Non so in quale data Arcuri può immaginare di cominciare la distribuzione del vaccino, che è particolarmente delicato», ma «ci ha confermato più volte che tutto è pronto».

Fatto sta che solo ieri il commissario ha emanato l’avviso pubblico per assumere con un contratto a tempo determinato di 9 mesi rinnovabile «fino a 3 mila medici e 12 mila infermieri e assistenti sanitari» per la somministrazione del vaccino «nelle 1.500 strutture individuate», e ha indetto la gara (con scadenza il 28 dicembre) per selezionare «fino a 5 agenzie per il lavoro» con le quali verrà stipulato «un accordo quadro per la selezione, assunzione e la gestione amministrativa del personale sanitario che sarà impiegato nella somministrazione dei vaccini».

Arcuri lancia un appello all’adesione rivolto ai «medici pensionati, ai laureati oltre agli infermieri e agli assistenti sanitari», a «cittadini italiani, Ue ed extra Ue». «Se fossimo in guerra sarebbe una sorta di “chiamata alle armi” – riassume il commissario – Per dirla meglio, è un richiamo accorato alla responsabilità e alla solidarietà».