Quattro minuti e mezzo, a ricordare le quattro ore e mezza passate per terra da Michael Brown, dopo essere stato colpito a morte il 9 agosto del 2014.

Un raccoglimento colmo di dolore e forza, a Ferguson in Missouri, luogo simbolo delle morti degli afroamericani per mano della polizia. Ma da Ferguson in avanti, sono state talmente tante le vittime, una scia continua e costante a confermare statistiche e pareri, che non poteva finire tutto in una misurata e raccolta veglia. Poco dopo infatti, polizia e manifestanti si sono ritrovati come tante altre volte, compreso un anno fa, a fronteggiarsi in modo violento.

Polizia da un lato, manifestanti dall’altro, disposti nei pressi di West Florissant Avenue, poco distante da Canfield Drive, il luogo dove Brown venne ucciso. La polizia si prepara, qualche manifestante, come si poteva vedere in diretta grazie ai tanti tweet, ai video e alle foto, camminava di fronte ai plotoni, poi la consueta confusione. Poco dopo giungono le notizie di spari, mentre gli scontri tra manifestanti e forze di polizia andavano avanti. Il risultato è – al solito – tragico. Ferito e all’ospedale – in gravi condizioni, pare – un dicottenne afroamericano, colpito dalla pistola di un agente, che avrebbe reagito al fuoco del ragazzo. Un’altra serata e notte di riot a Ferguson, sintomo di un’America diseguale, nella quale la comunità afroamericana non riesce a spegnere la propria collera.

La veglia era cominciata in modo pacifico. Le migliaia di persone giunte a Ferguson avevano ricordato con compostezza Michael Brown diciottenne afro americano ucciso da un poliziotto proprio un anno fa, il 9 agosto scorso. Ma in questi 365 giorni trascorsi dalla morte di Brown, disarmato e ucciso sono caduti tanti altri neri. Secondo una ricerca del sito Vice News sarebbe oltre mille le vittime afroamericani per mano della polizia, in un solo anno. Altre vittime sono sospette – come il caso di Sandra Bland impiccata nella sua cella dopo un arresto particolarmente violento- e più in generale Ferguson ha aperto molti interrogativi sull’America di oggi e la sua capacità di far fronte alle richieste di una società che non discrimini per il colore della pelle. Lo stesso presidente Obama, colpito in prima persone da un anno terribile di violenza poliziesca contro la comunità afroamericana, ha vissuto come una sfida al suo mandato questa serie di violenze.

Ne ha parlato, ha denunciato l’impunità degli agenti, ha cercato di porsi come persona dialogante, ma queste morti sono un colpo alla sua presidenza, la prima di un afroamericano. Ad aumentare la rabbia della comunità la decisione, nel novembre scorso, da parte della giuria di St Louis di non processare l’agente che avrebbe colpito a morte il 18enne Michael Brown.

Un altro gesto letto come un’ingiustizia, specie di fronte a una situazione carceraria che sembra una condanna per i neri. E così a Ferguson, dopo la veglia e la commemorazione, è partito un film già visto.

Scene di scontri tra forze di polizia in tenuta antisommossa e manifestanti, con almeno due sparatorie, secondo alcuni testimoni. Nel corso di una di queste, tra chi protestava e alcuni poliziotti in borghese, sarebbe rimasto ferito un ragazzo nero. Secondo le prime notizie si sarebbe trattato di un ventenne, poi, a quanto scritto dovrebbe trattarsi di Tyrone Harris jr., amico di Michael Brown e come lui di diciotto anni.

Sarebbe stato lui il giovane che ha aperto il fuoco contro la polizia in occasione delle manifestazioni e sarebbe stato a sua volta ferito dai poliziotti.

Il suo nome è stato riportato per prima dal giornale locale, il St. Louis Post-Dispatch, secondo cui Harris è stato sottoposto ad un intervento chirurgico a causa delle ferite riportate. Il capo della polizia di Ferguson, Jon Belmar, durante una conferenza stampa ha specificato che alcuni agenti in borghese avrebbero seguito l’uomo per un tratto di strada precedente a quello in cui sarebbe avvenuta la sparatoria, «perché sospettavano che fosse armato».

L’uomo – secondo la ricostruzione della polizia locale – si sarebbe avvicinato agli agenti, quattro in tutto, che si trovavano in un furgone civetta della polizia, ed ha aperto il fuoco. Gli agenti avrebbero risposto al fuoco dall’interno del veicolo e poi hanno inseguito l’uomo a piedi che ha sparato di nuovo: a quel punto i quattro poliziotti hanno risposto di nuovo al fuoco colpendo l’uomo, che è stato trasportato in ospedale. Nessuno degli agenti è rimasto ferito in modo serio. Sugli eventi di Ferguson è intervenuta anche la ministra della giustizia americana, Loretta Lynch: «Condanno in modo fermo la violenza contro la comunità, inclusi gli agenti di polizia».

E non sembra sia finita. Perché se la polizia ha utilizzato gas e lacrimogeni per disperdere la folla, è probabile che oggi quelle scene si possano ripetere. Nella giornata di Ferguson, infatti, sono previste altre iniziative, nell’ambito di una giornata di «disobbedienza civile» che proverà a compattare le tante anime del movimento ormai noto come «BlackLivesMatter».