Urne aperte, ieri, anche a Porto Rico, territorio che appartiene agli Stati uniti, però non ne fa parte. I portoricani (3,5 milioni di abitanti, 2,9 milioni di aventi diritto) non possono votare per il presidente degli Usa né per il Congresso federale, a meno che non siano ufficialmente residenti in uno dei 50 stati o nel Distretto di Columbia. E determinante, per il voto Usa, saranno i portoricani della Florida: 80.000 circa gli iscritti a votare solo nella città di Orlando (la Florida ha già esercitato il voto anticipato).

Nel 2015, la devastante crisi economica e sociale ha spinto a migrare quasi 90.000 portoricani, in gran parte giovani. Un tema che ha pesato nella campagna elettorale dell’isola caraibica, indebitata per oltre 70.000 milioni di dollari. Alle urne si è votato per eleggere il governatore, i sindaci dei 78 comuni, i rappresentanti dell’isola al Congresso di Washington e quelli delle due Camere legislative locali. Essendo colonia degli Usa, lo Stato libero associato di Porto Rico ha come capo di Stato il presidente Usa. Dal 1952, può eleggere un governatore. Questi comanda le forze di polizia (che però fanno parte di quelle Usa), ha il potere di veto su qualunque progetto di legge dell’isola e può nominare i membri del suo gabinetto e tutte leautorità giuridiche. Tutte le decisioni devono però passare al vaglio delle Camere degli Stati uniti con responsabilità specifica del Segretario di Stato.

Il prossimo governatore resterà in carica fino al 2020. Tra i 6 candidati, i sondaggi davano per favorito Ricardo Rosello, del Partito Nuovo Progressista (Pnp): con il 40% delle preferenze rispetto a David Bernier, del Partito Popolare Democratico (Ppd), la formazione governativa, al 28,9%. Bernier propone una maggior autonomia fiscale, e chiede agli elettori di non essere considerato responsabile dei disastri della precedente amministrazione, travolta dagli scandali. Rossello, docente e ricercatore, sostiene invece che l’isola dovrebbe essere annessa agli Usa e diventarne un ulteriore stato, e propone altri tagli ai servizi.

A Porto Rico, la disoccupazione arriva al 13%, la percentuale di popolazione attiva è fra le più basse del mondo, al contrario degli indici di delinquenza giovanile. Dopo l’approvazione della Ley Promesa da parte del Congresso Usa, la presa coloniale sull’isola è ulteriormente aumentata, perché si stabilisce che qualunque decisione economica o monetaria debba essere decisa da un’autorità superiore a quelle locali: con la speranza che venga “congelato” temporaneamente lo stratosferico debito.

Quello della lotta alla tagliola del debito e alla giunta federale di controllo fiscale è stato il tema principale di Maria de Lourdes Santiago, candidata per il Partito Indipendentista Portoricano (Pip) , di cui è vicepresidente. Gran parte delle forze indipendentiste della sinistra ha però invitato all’astensione. Per tutti questi mesi, si sono intensificate le proteste, pagate con una dura repressione.

L’estate scorsa, Maria de Lourdes è riuscita a far passare all’interno del Comitato di decolonizzazione una risoluzione per portare all’Onu il caso di Porto Rico e il rigetto della giunta fiscale di controllo. L’indipendenza dell’isola è stata appoggiata durante il vertice dei Non allineati, che si è tenuto in Venezuela. E i paesi dell’Alba continuano a sostenere la causa di Porto Rico all’Onu e in tutte le istanze internazionali. E a chiedere la liberazione dell’indipendentista Lopez Rivera, detenuto da 35 anni.