Urla nel silenzio, azioni incerte, dribbling perplessi, esultanze represse. Echi soffocati di palloni colpiti che si perdono nel vuoto degli stadi invisibili. Benvenuti allo spettacolo più surreale che si possa immaginare, la ripartenza del calcio nella fase numero qualcosa post pandemia. Dopo il teatro dell’assurdo in diretta televisiva della Coppa Italia vinta dal Napoli sulla Juve, simulacro di una partita di calcio giocata in un clima spettrale, questo fine settimana riprende la Serie A.

Prima i recuperi: sabato Torino-Parma e Verona-Cagliari, domenica Atalanta-Sassuolo e Inter-Sampdoria. Poi tutti alla pari e comincia l’ottava di giornata di ritorno: lunedì Lecce-Milan, Fiorentina-Brescia e Bologna-Juventus. Da lì in poi si gioca quasi tutti i giorni fino al 2 agosto, salvo nuove emergenze, quando saranno assegnati i titoli nazionali e partiranno le Coppe Europee rivisitate in salsa tennistica in Germania e Portogallo. Si gioca in televisione. Se delle Città Invisibili scriveva Calvino che erano stati d’animo che si trasformavano, gli stadi invisibili sono stati di angoscia e desolazione.

NESSUNA FESTA, nessuna gioia. Celebrazioni a Napoli a parte. Solo la necessità di portare a termine al più presto un lurido lavoro che qualcuno deve pur fare, come in un romanzo hard boiled. Perché nel calcio finanziario dove il guadagno è slegato dalla produzione e tutto finisce inevitabilmente in perdita lo reclamano le televisioni, sempre loro, quelle che mantengono il calcio italiano e non pagano l’ultima rata da 130 milioni (già partite le diffide della Lega Calcio) e le altre che diffidano le prime dal trasmettere le partite in chiaro.

Lo pretendono i padroni, che hanno già impegnato tutti gli asset a disposizione e i ricavi futuri o meglio futuribili. Anche quelli che durante i momenti più tragici della pandemia si vantavano in video degli investimenti pubblicitari dell’amico Zanetti di Segafredo dalla Polinesia e oggi mettono in cassa integrazione tutti i dipendenti del Toro, prima squadra esclusa. Lo vuole la politica sportiva e non, che ci sono sempre elezioni dietro l’angolo, in inverno si vota sia alla Figc sia alla Uefa ed è già partita la campagna elettorale tra alleanze e riposizionamenti. Si riparte quasi dappertutto, dopo la locomotiva tedesca ecco la Spagna, settimana scorsa.

POI L’INGHILTERRA mercoledì, tutti in campo con le magliette Black Lives Matter, anche Pepe Reina, fascista dichiarato che sostiene Vox, dove la tecnologia incredibilmente non vede una palla dentro di mezzo metro, e dove Rashford, attaccante di vent’anni dello United, riesce a imporre al governo la distribuzione dei buoni pasto ai minori in un paese talmente avanzato in cui oltre un milione di bambini vive sotto la soglia di povertà.

Si riparte dappertutto dunque, e ripartiamo anche noi. Con l’accordo sulla quarantena soft trovato in extremis dopo che ci si era resi conto che il protocollo della Figc era incompatibile con il decreto legge sullo sport del 16 maggio. Con la Juve dove non si capisce se sia Sarri a essere allergico al bianco e nero o viceversa che resta sempre favorita, segue la Lazio sorniona cui alla fine forse non conviene neppure vincere per gli imperscrutabili disegni (bianco) celesti di Lotito, poi l’Inter in cui gli umori sono già scanditi da come si sveglia la mattina Conte.

CON L’ATALANTA che data la strana formula delle Coppe potrebbe dormire in campionato sognando esiti clamorosi in Champions e il Napoli che ha già chiuso la stagione in bellezza, non hanno nulla da chiedere il Milan con più dirigenti che calciatori e la Roma che non riesce, non vuole o non può vendere la società, e allora si fa la guerra interna e sospende il ds Petrachi.

Si riparte in fretta con e per le televisioni, nell’atmosfera amara e surreale degli stadi invisibili, per evitare di fallire, per sopravvivere ancora un po’ in un’estate di ricorsi e diffide. Perché poi si deve ripartire di nuovo con la prossima stagione, a metà settembre, quando la crisi economica però ci presenterà davvero il conto. E quel giorno, come canta Gil Scott-Heron, non è detto che ci saranno le televisioni a trasmettere quello che succederà.