Diversamente dall’opera di altri grandissimi autori della letteratura universale, quella di Conrad ha attraversato un lungo purgatorio ermeneutico, e il fatto che ora un esponente della critica letteraria del calibro di Alberto Asor Rosa abbia deciso di dedicargli un saggio va interpretato come un ulteriore segno della sua consegna all’Olimpo letterario: L’eroe virile. Saggio su Joseph Conrad (Einaudi, pp. 120, euro 15) è suddiviso in quattro capitoli, tre dei quali (come indica il titolo) dedicati a tre diversi racconti conradiani: La linea d’ombra, Cuore di tenebra e Tifone.

GIÀ NEL PRIMO CAPITOLO, molto bello, si coglie appieno il primum movens del libro. Conrad è un autore controverso anche grazie all’eredità delle tesi di Edward Said, peraltro molto articolate, che rinviano più a una precisa concezione dell’uso della retorica che non a una stigmatizzazione del presunto contenuto ideologico di racconti cui si imputa il non avere inequivocabilmente condannato l’aggressivo colonialismo occidentale.
Saggiamente, Asor Rosa non si sottrae a queste spinose questioni, ma le traspone senz’altro al superiore piano della critica e della letteratura.

Vi ritroviamo alcuni temi ricorrenti in Conrad, più o meno manifestamente: il filo dell’amore, che fin dalle prime righe viene individuato come centrale, benché appartato: «parla continuamente di amore (nonostante le apparenze), e ne parla in maniera fortissima e talvolta lancinante…», scrive Asor Rosa; e quello dell’ignoto, altra ricorrenza degli scritti conradiani, questa, ben più evidente al lettore: «Joseph Conrad, in ragione di questa sua esplorazione del misterioso e dello sconosciuto, sta, – ma in un modo perfettamente suo, – dentro la dimensione più avanzata dell’arte europea (occidentale?) contemporanea. Però, in virtù di un’esperienza umana singolarissima e di un immaginario assai speciale, egli, invece di descrivere dall’interno il tramonto dell’eroe borghese contemporaneo, gli concede (apparentemente) un’ultima chance…».

LA CORNICE CHE LA LETTURA di Asor Rosa delinea per le opere di Conrad si amplia inevitabilmente al piano della critica e a quello dell’interpretazione, nel loro confrontarsi con le persino necessarie zone d’ombra dell’autore cui il libro è dedicato, non prima di essersi disposti a un ascolto attento di ciò che in Conrad parla. E questo proprio al di là di ogni apparente tema evocato (vale a dire: l’eroe borghese al tramonto del tempo della sua cultura e civiltà), il che consente di inserire Conrad in una sorta di pantheon otto-novecentesco a fianco di altri «giganti», non allo scopo di integrare un canone, nuovamente interpretato ed allargato ad hoc, bensì perché con maggiore e più netta emergenza si stagli dinanzi al lettore accorto ciò che di Conrad deve suonare al sentire contemporaneo in tutta la sua verità e profondità. Se dunque in qualche misura al centro dell’azione (ma non sempre) restano l’uomo occidentale e la sua funzione sopraffattrice, la categoria e l’ampiezza del dominio in quanto tali finiscono per sganciarsi dai limiti del protagonista in gioco, per esemplificare la cifra di una dominazione tecnica tout court.

CHI ALTRI però al centro dell’azione? Avendo ben compreso l’universo conradiano, Asor Rosa risponde: la natura. Ecco un altro fattore letterario che generalmente costituisce una «imputazione» a Conrad, e cioè il tratto eccessivamente descrittivo-naturalistico della sua prosa. Asor Rosa ce lo restituisce come un elemento imprescindibile della ritrovata e rinnovata profondità dell’essere umano, in un’epoca di dominio esistenzialmente critico: la natura come parte integrante dell’«altro» che l’eroe virile e sconfitto incontra nell’altrove (a sue spese; ed ecco il conflitto, in senso finalmente non astratto); la natura non come semplice sfondo di una vicenda tutta umana ma come attrice consapevole, e financo sofferente, dell’azione per mare e per terra.

La lettura di Asor Rosa accresce il valore e il senso dell’opera di Conrad, mentre ne mette a fuoco i tratti cruciali: «Il conflitto, – poiché di un conflitto, non c’è dubbio, si tratta, – assume dimensioni inaspettate: se ne può uscire vincitori, o sconfitti, tragicamente sconfitti, – e questa seconda ipotesi è molto più probabile e frequente della prima. Ma in ambedue i casi, ciò che si è, cambia radicalmente e, anche se non cambia, agli occhi di noi che ne seguiamo stupefatti o, a seconda dei casi, incantati le vicende, è come se cambiasse, e Conrad fa in modo che noi ne recepiamo totalmente gli effetti di mutamento, anche quando questi appaiono solo potenziali o perfino, in taluni casi, immaginari, inventati».