«Il jazz italiano per L’Aquila» non è stata una trovata spettacolare né la città è stata vissuta come una sorta di particolarissimo “set”: il jazz italiano ha voluto esprimere la sua concreta solidarietà a L’Aquila la cui ricostruzione è solo parziale; ha tentato, riuscendoci, di richiamare l’attenzione dei media, dei sessantamila intervenuti e dei molti raggiunti dalle dirette radiofoniche della Rai (differita tv il 26/9 su Rai 5, con uno special in prima serata).

Certo le dodici ore di concerti sono state una magnifica occasione per dimostrare in una città d’arte che l’arte del jazz italiano ha una varietà ed una ricchezza notevolissime. Chi ha organizzato (Paolo Fresu, coordinamento artistico; Gianni Pini, presidente Associazione I.Jazz, coordinamento generale; Ada Montellanico, presidente MIDJ – Musicisti Italiani di Jazz; Luciano Linzi, Casa del Jazz di Roma) ha fatto in modo che fossero rappresentate gran parte delle realtà sonore, dai conservatori agli artisti di fama internazionale, dai collettivi dei giovani ai jazzisti affermati. Musica di risignificazione, terapeutica, contemporanea, il jazz si è modellato sugli spazi della città, spandendosi dal Castello sino alla Fontana delle 99 Cannelle, occupando chiese, chiostri, portici, piazze.

I diciotto luoghi animati dai concerti sono stati collegati da un flusso di persone via via più fitto che ri-animava il tessuto cittadino. Mille itinerari, anche stilistici, si potevano tracciare. Luoghi centrali sono stati la Basilica di San Bernardino, con annessa scalinata, e piazza Duomo per il concertone serale, presentato da Carlo Massarini. La Basilica, concessa dall’autorità ecclesiastica, ha visto una serie di straordinari e raccolti piano-solo con, tra gli altri, Enrico Zanisi, Alessandro Lanzoni, Dado Moroni, Stefano Battaglia ed Umberto Petrin. Appena fuori, però, il jazz si faceva ritmico e passionale con gruppi eccellenti, dagli Aires Tango fino al Quintetto Italiano di Paolo Fresu.

Prima di giungere all’evento serale si potevano ascoltare linguaggi d’avanguardia nella chiesa di S.Giuseppe Artigiano (Eugenio Colombo, Giancarlo Schiaffini e Luigi Marino, tra gli altri), la realtà straordinaria delle big band al chiostro ex convento di San Domenico (ottima l’Orchestra Jazz della Sardegna diretta da Bruno Tommaso), raccolti soli e duetti ai Portici di S.Bernardino (Antonello Salis, Raffele Casarano/Mirko Signorile), gruppi dalla forte personalità in piazza Santa Margherita (tra cui quello della Montellanico e Puglia Jazz Factory). Ancora al Parco del Castello organici di conservatori e seminari; in largo Tunisia piccoli gruppi (Max De Aloe/Antonio Zambrini); all’auditorium del parco il «GiocaJazz» di Nunzi rivolto ai bambini e la RusticaXBand, nata nella periferia romana. Negli altri luoghi si è ascoltato dai “senatori” creativi Marcello Rosa ed Enrico Intra sino a gruppi MIDJ regionali di statura nazionale.

Più di seicento musicisti, di varie generazioni ed orientamenti stilistici fanno un tessuto fitto e robusto, nato e cresciuto senza che in Italia ci sia mai stata una coerente politica per la musica. Così in una piazza del Duomo strapiena si è vista “giocare” una nazionale jazzistica dall’enorme vivaio le cui energie si possono e si debbono liberare. Nella “formazione maggiore” l’Orchestra Nazionale Giovani Talenti di Jazz diretta da Paolo Damiani, il New Quartet di Enrico Rava, Enrico Pieranunzi, Franco D’Andrea, Danilo Rea ed Enzo Pietropaoli con Gino Paoli, il duo Rita Marcotulli/Maria Pia De Vito, Cosmic Renaissance di Petrella, l’Orchestra Operaia di Massimo Nunzi con Fresu ospite nell’ultimo brano in scaletta.