Quando Claude Monet finiva preda di uno dei suoi tempestosi scatti d’ira, c’era ben poco da fare. Si rinchiudeva nell’atelier, resistendo in quell’isolamento volontario anche due giorni di seguito. Solo due cose lo potevano tirare fuori da quel rifugio rabbioso: il brodo caldo che la moglie Alice gli offriva, costringendolo a socchiudere la porta e l’annuncio che i sementi ordinati erano in arrivo. Bulbi di papaveri, anemoni bianche, tulipani, soprattutto ninfee, «novità» che aveva scoperto all’Esposizione universale parigina del 1889. Di fronte a questo annuncio, Monet lasciava il suo eremo, tornava in sé e chiamava a raccolta la sua numerosa...