Uno serio. Un magistrato tutto d’un pezzo. Con queste credenziali, l’uomo che il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha scelto per ripulire l’Expo dalla corruzione rimane l’unica carta credibile che il governo ha messo sul tavolo per correre ai ripari. Una mossa disperata, visto che quasi tutti gli appalti sono stati assegnati e c’è ben poco da controllare considerati i tempi stretti per ultimare la fiera universale più disastrata della storia. Il primo a saperlo è proprio lui, il presidente dell’Autorità anticorruzione Raffaele Cantone. Fin troppo serio forse, visto che alla sua prima uscita dopo il terremoto delle indagini il magistrato ha riservato due bordate pesanti indirizzate indirettamente a colui che l’aveva portato in palmo di mano in quel di Milano. E al presidente del Senato Pietro Grasso.

La prima: «Il ddl anticorruzione in discussione in parlamento è solo una legge spot sull’onda dell’emergenza». La seconda, sull’Expo, è ancora peggio: «Voglio poteri speciali o non vado a Milano in gita». Sono frasi pronunciate ieri parlando a Napoli in occasione della chiusura di un master di criminologia della facoltà di Giurisprudenza della Federico II. In seguito, con una nota, l’Autorità anticorruzione ha precisato toni e contesto delle dichiarazioni rilasciate durante un lungo colloquio con gli studenti, ma la sostanza rimane. Tanto è vero che lo stesso presidente del Senato, che «firma» il decreto legge in questione, si è sentito in dovere di prendere le distanze da un testo che sarebbe stato modificato in corso d’opera. Insomma, la campagna elettorale per il capo del Pd si fa ogni giorno più difficile. Quanto all’Expo, se ne vedranno ancora delle belle.

Secondo il magistrato della Cassazione, il ddl anticorruzione verrà comunque approvato perché «ormai c’è un gruppo politico in grado di stabilire che quella legge dovrà passare, però non avrà alcuna efficacia sul piano concreto, perché se non troviamo i meccanismi per individuare la corruzione possiamo fare delle mere manifestazioni di principio che non avranno effetto». Per Raffaele Cantone, si modifica «per l’ennesima volta la norma sulla concussione, si prova a intervenire sulla prescrizione e si pensa a un falso in bilancio che non ha alcuna efficacia né efficienza». Quanto alla prevista norma sull’antiriciclaggio, «così come è scritta in Senato è inapplicabile perché prevede che ci sia nocumento all’economia, meccanismo assolutamente vago». Poi, un’osservazione imbarazzante che suona come un’accusa: bisognerebbe «occuparsi di corruzione quotidianamente e non quando si verificano fatti come quelli dell’Expo».

Il governo, colpito e affondato dopo lo show di Renzi di martedì scorso – «lo Stato è più forte dei ladri» – ha replicato con la voce del mite e disorientato ministro Maurizio Martina (Agricoltura, con delega all’Expo): «Penso che nessuno voglia andare a Milano a fare una gita. Sono certo che anche nei prossimi giorni perfezioneremo il bel lavoro fatto con Cantone, con il presidente del Consiglio, con il governo, con le istituzioni locali». Ma i poteri speciali invocati da Cantone non sono materia di sua competenza: «Non tocca me dirlo». Più esplicita la presa di posizione di Pietro Grasso, quasi costretto a dare ragione al magistrato anti corruzione. «Ho presentato il mio Ddl – mette le mani avanti – più di un anno fa nel mio unico giorno da senatore proprio perché, come Raffaele Cantone, ritengo quello della corruzione e dei reati economici un tema urgente e prioritario ogni giorno, non solo dopo le recenti inchieste legate all’Expo». Ma quel testo oggi è differente. «La mia proposta sull’auto riciclaggio che prevedeva una nuova collocazione sistematica qualificandolo non come reato contro il patrimonio ma inserendolo in una nuova tipologia di delitti contro l’ordine economico e finanziario – aggiunge Grasso – è completamente diversa rispetto a quella del testo base». Ma sul testo, in discussione in Senato, ammette Grasso, «visto il mio ruolo di presidente non potrò intervenire in alcun modo».

Anche il commissario straordinario per l’Expo Giuseppe Sala sta aspettando che «Cantone sia messo nelle condizioni di lavorare». Sono passati cinque giorni dalla comparsata milanese di Matteo Renzi e, dice Sala, «non è ancora successo nulla». Probabilmente nei prossimi giorni verranno definiti i poteri del presidente dell’Autorità anti corruzione, ma viste le premesse non è detto che anche lui abbia intenzione di metterci la faccia ad ogni costo con la stessa tracotanza del presidente del Consiglio.