Dopo che per decenni l’editoria italiana ha snobbato la figura di Henry de Montherlant (1895-1972), le Edizioni Settecolori propongono ora Servizio inutile (pp. 240, euro 24), nell’ottima traduzione di Marco Settimini e arricchito da una postfazione di Stelio Solinas, che esce a distanza di qualche mese dal libello Contro «Don Chisciotte», licenziato per De Piante.

NONOSTANTE siano stati tradotti in passato diversi titoli sia in ambito narrativo che teatrale, l’opera di Montherlant è rimasta confinata a un pubblico di selezionati aficionados. Lo stesso progetto di Adelphi di inaugurare una sequenza di opere pubblicando nel 2000 le Ragazze da marito, prima parte di una tetralogia che vede nel protagonista Costals una sorta di alter ego dell’autore, non ha avuto il riscontro auspicato, arenandosi irrimediabilmente (il ciclo completo vide d’altronde la luce nel 1958 da Mondadori nella collana «Il ponte» con il titolo Ragazze e nella celebre «Medusa» mondadoriana era apparso qualche anno prima il romanzo forse più rappresentativo, Gli scapoli).

ANCHE LE MOTIVAZIONI di matrice politica – si pensi al discusso Solstizio di giugno (Passaggio al Bosco, 2021) in cui il tema del collaborazionismo e dell’occupazione tedesca assume paradossalmente i tratti di una palingenesi di ordine pagano – sono tuttavia insufficienti a spiegare una fortuna critica che nel nostro paese non ha mai attecchito, in contrapposizione con quella autoctona, approdata a riconoscimenti di rilievo, comprese la designazione accademica e la pubblicazione delle opere in cinque volumi nella prestigiosa Bibliothèque de la Pléiade gallimardiana: oltre ai due tomi dei Romans, al Théâtre e agli Essais, compare anche l’Album iconografico.
La figura postuma di Montherlant, genericamente relegata entro il controverso manipolo di corifei del regime di Vichy, sembra impegnata a districarsi tra le nebulose di Céline e Rebatet, Drieu e Brasillach, con lo sguardo disincantato di Nimier che scruta sullo sfondo. È presumibile che tale forma di idiosincrasia derivi da questioni legate, più che a opportunità di matrice politica, a uno stile impregnato di esiti calligrafici che rasentano il nichilismo, comprendenti la misoginia rimproveratagli da Simone de Beauvoir.

TALI ELEMENTI ETEROGENEI si manifestano anche in Servizio inutile, titolo ossimorico in cui confluiscono saggi e conferenze inediti in italiano, composti nell’entre-deux-guerres. Ernest Jünger definì questo libro, edito da Grasset nel 1935, un Trattato del ribelle composto con vent’anni di anticipo.
Un’introspezione vissuta in maniera esasperata si coniuga alle più variegate speculazioni intorno a precise congiunture storiche e politiche, ponendosi su un piano non dissimile da quello investigato da Gide nell’ambito di un moralismo «rovesciato» («Famiglie, vi odio!» si legge nelle Nourritures terrestres), teso a privilegiare gli aspetti meno scontati di una realtà dai tratti indefinibili e sfuggenti. Ma il moralismo di Montherlant è imbevuto di un egotismo che si insinua costantemente nelle pieghe di una scrittura anomala – cartesiana nella forma, eccentrica nei contenuti –, ribaltando le implicazioni ontologiche connaturate al suo discorso in un ventaglio di proposizioni sconfinanti nel medesimo istrionismo che l’autore, nell’articolata premessa, attribuisce a Chateaubriand e Hugo. Un che di dannunziano aleggia sempre nei suoi testi, che si pongono, secondo la definizione di Gaëtan Picon, tra Dioniso e Port-Royal.

COSÌ, SIA CHE DISQUISISCA intorno all’agonia di una cagnolina sia che si addentri nell’universo delle sue Olympliques, anteponendo al culto dei Greci quello dei Romani («I Greci, che è di norma evocare quando si tratta di sport, hanno rovinato tutto»), Montherlant si erge come uno stilita sopra la sua colonna gridando a perdifiato «verità» che nascondono altre «verità», alla stregua di una mise en abyme. Si premura di impersonare sia il giudice sia il condannato, ricorrendo al suicidio come all’estremo tentativo di gettare la maschera che Pierre Sipriot gli scucirà dal volto nella monumentale biografia Montherlant sans masque, edita da Laffont nel 1982.
Anche i temi che più gli stanno a cuore, presenti in Servizio inutile – infanzia, tauromachia, sport, mito della Spagna, culto della virilità ed eroismo, nonché l’insistito panegirico di animali e persone umili, come i marocchini costretti a servire i coloniali francesi – costituiscono l’occasione per parlare di sé, fingendo di annullarsi dietro un’effigie modellata su motivi pretestuosi, tesi a dissimulare un estetismo che garrisce con l’assiduità di un vessillo contro il vento crudele della storia.