Nel danchi c’è un intero universo. Innanzitutto, il danchi è nuovo, moderno: espressione perfetta del ventunesimo secolo, in puro stile «europeo». Nel complesso c’è tutto quello di cui uno ha bisogno, dal pasticcere al fruttivendolo, dal negozio di abbigliamento alla scuola di musica. Perché mai allora uscire dal danchi?

A questa provocazione si è ispirato NakamuraYoshihiro, regista di Fish Story (2009), il film che lo ha fatto conoscere come uno dei più interessanti registi giapponesi, e Golden Slumber (2011), per il suo ultimo lavoro,  See You Tomorrow Everybody (in giapponese Minasan Sayonara, frase di commiato scolastico, con cui si apre il film).

Il lungometraggio, presentato quest’anno al Far East Film Festival di Udine, ha come protagonista Satoru, un ragazzo che a dodici anni, finita la scuola elementare decide di interrompere gli studi per dedicarsi a tempo pieno alla custodia dell’universo in cui è nato e si trova a vivere: il danchi. Esercizio fisico la mattina, lettura di manuali di karate, gli amici dopo la scuola e giro di controllo serale del complesso residenziale per registrare chi è rientrato in casa e chi no: questa è la giornata tipo del giovane Satoru, a metà tra l’eroe e lo «scemo» del villaggio.

Il termine danchi indica generalmente i complessi residenziali costruiti in Giappone nel dopoguerra, delle vere e proprie città nelle città pensate per ospitare intere comunità di lavoratori con le loro famiglie. Fin da subito, Nakamura riesce a ricreare con la sua personale ricostruzione di un’ambientazione anni Ottanta un forte effetto di straniamento che assume connotati tragicomici.

Il film si apre con uno spot pubblicitario in cui le ambientazioni del film vengono montate con immagini d’epoca. Il sorriso viene spontaneo quando la telecamera si sposta sul giovane Satoru, interpretato magistralmente da Gaku Hamada, già protagonista dei lavori precedenti di Nakamura, – un po’ quello che è Johnny Depp per Tim Burton, anche se con fisicità decisamente opposte – chiamato questa volta a interpretare un adolescente.

Il film sembra chiamare a una riflessione sul sistema educativo giapponese e sul potere della suggestione della modernità occidentale importata massicciamente in Giappone dopo la Seconda guerra mondiale. Lo sviluppo spesso innaturale e forzato delle metropoli giapponesi e la pesante migrazione verso le città ha portato alla creazione di veri e propri ghetti immaginati perché i suoi abitanti non possano, e soprattutto «non vogliano», uscirne.

See You Tomorrow Everybody, tratto da un libro di successo di Kubodera Takehiko, è quello che in critica letteraria si direbbe un romanzo di formazione. Una formazione, quella di Satoru, assai particolare e assolutamente non convenzionale in genere, permeata di una grande umanità e di una commovente fiducia nel prossimo.

In un paese come il Giappone, dove la vita di un ragazzo è segnata da scadenze precise, chi resta indietro – nella scuola prima ancora che all’università – è perduto. Satoru, però, rispetto ai suoi coetanei che dal danchi scappano per studiare, qualcosa lo guadagna. E questo qualcosa è il pieno controllo del proprio microcosmo.

Universo Danchi
(see you tomorrow everybody, Nakamura Yoshihiro, 2013)