I sondaggi alla vigilia del voto davano Unione popolare all’1,7% con picchi del 5 in Calabria e 3,7 in Toscana ma anche lo 0,9 in Sicilia e Veneto. A Urne chiuse, ieri sera, le prime proiezioni attribuivano a Up 1,2% (Quorm/Youtrend) oppure una forchetta tra lo 0,5 e l’1,5% (Swg). Cominciato lo spoglio al Senato, la prima proiezione indicava l’1,4%. Il traguardo del 3% per entrare in Parlamento non è mai stato a portata di mano.

«Appena un mese fa festeggiavamo un successo enorme: 60mila firme raccolte in poco più di dieci giorni, nelle due settimane più calde di agosto – si legge sui social del movimento tirando le somme sulla campagna elettorale -. In appena due mesi abbiamo assistito a una mobilitazione popolare senza precedenti. Qualunque sarà l’esito delle elezioni, un risultato importante l’abbiamo già ottenuto: una mobilitazione intergenerazionale e intersezionale che non si arresterà il 25 settembre».

Cosa succederà dal 26 in poi? Una volta acquisito il dato definitivo si tireranno le somme. Un risultato inferiore all’1% potrebbe essere letale per il progetto. Sopra l’1% Potere al popolo, Rifondazione comunista e Dema (il movimento del portavoce di Up, Luigi de Magistris) si siederanno a discutere il futuro. Un futuro complicato, in vista delle europee, ma potrebbe andare avanti il percorso cominciato in fretta per l’accelerazione della crisi del governo Draghi.

L’idea è continuare il lavoro, non facile, per costruire «una soggettività politica in uno spazio bruciato dal centrosinistra e dalle promesse dei 5s» come raccontano gli attivisti a urne appena chiuse. «Finita la campagna elettorale – ragionano – ci troveremo difronte la crisi economica che si somma a quella sociale, alla crisi ambientale e a un nuovo attacco ai diritti. Ci aspettiamo una forte ondata di opposizione giovane, dal basso, con cui dialogare, con cui organizzarci».

Mentre i quattro principali poli hanno passato la campagna elettorale a legittimarsi/delegittimarsi a vicenda, fino a ieri Up ha guardato fuori dai confini italiani per cercare un dialogo a sinistra. L’ultimo endorsement in ordine di tempo è stato quello del regista inglese Ken Loach: «Questi sono tempi pericolosi. La gente comune, la classe lavoratrice, è stata tradita più e più volte da politici che affermano di parlare per loro, ma le cui azioni dimostrano che loro proteggono gli interessi dei ricchi e dei potenti. Solidarietà!».

Un messaggio di sostegno è arrivato anche dall’ex segretario del Labour Party, Jeremy Corbyn. I legami più forti con Pablo Iglesias, tra i fondatori di Podemos in Spagna, e il leader della France Insoumise Jean-Luc Mélenchon. Ma probabilmente le dichiarazioni che più hanno fatto sperare Unione popolare sono state quelle dei Friday for future, alla vigilia dello sciopero di venerdì scorso, a ridosso della prima tornata elettorale in cui i diciottenni hanno votato anche per il Senato: «Il programma e le posizioni di Up risultano coerenti con le misure che devono essere adottate per contrastare la crisi climatica e sociale che in parte abbiamo riassunto nella nostra Agenda climatica» hanno scritto i Fff. Ed è a questo mondo che Unione popolare guarda per costruire una base elettorale.

Ad appena 312 sezioni scrutinate su 5.827 in Campania, ieri notte (relative al Senato), Up era a 1,89%. Clamoroso il dato dei 5S al 37,84%. Più che doppiato FdI al 15,99. Nel centrodestra 11,66 a Forza Italia e 3,55 alla Lega. Nel centrosinistra 15,05 al Pd; 2,52 a Verdi e Sinistra italiana; 1,86 a +Europa; 1,59 a Impegno civico. Il Terzo polo al 5,35. A Napoli nell’uninominale di Fuorigrotta in netto vantaggio l’ex ministro Sergio Costa per i 5S (oltre il 40% con 105 sezioni su 440) sull’ex grillino Di Maio. Confermando il trend a favore del Movimento.