“Noi con voi, fino all’ultimo bullone”. Fra i mille striscioni che scorrono nell’interminabile corteo che attraversa Terni, quello delle mogli e delle compagne degli operai Ast è il più bello. Stringe, ed esalta, i legami familiari in una città dove tutti hanno un parente che lavora nelle acciaierie. Regala, allo stesso tempo, un messaggio di speranza all’intero movimento operaio. Lo fa con parole fortemente simboliche, mentre le fabbriche continuano a chiudere e la solitudine dei cassintegrati e dei licenziati si diffonde come un virus per tutto il paese. Una malattia, la depressione, di fronte alla quale l’ottimismo artificiale di Matteo Renzi è inutile, fastidioso, anche dannoso.

La civile compostezza di una piazza che difende la sua acciaieria, la fabbrica che dà lavoro a cinquemila famiglie in una città di poco più di 100mila abitanti, non viene certo ferita da alcuni fischi che accompagnano gli interventi di Luigi Angeletti e della stessa Susanna Camusso. Colpevoli anche loro, agli occhi di una minoranza dei manifestanti, di non difendere a sufficienza gli Acciai Speciali Terni e i suoi 130 anni di storia. Un piccolo paradosso – almeno qui lavoratori e sindacati sono compatti nella protesta – rispetto all’enorme nonsense di uno stabilimento con produzioni di alta gamma nelle mani di una multinazionale che ha abbandonato quel settore. Così come sta facendo il governo italiano con l’intero comparto siderurgico della penisola, dall’Ilva di Taranto alle Acciaierie di Piombino.

A Thyssen Krupp, che assicura di voler restare in Ast almeno fino al 2020 ma al tempo stesso dà il via a un (non) piano industriale fatto di 550 licenziamenti (il 20% degli addetti), della chiusura di uno dei due forni fusori, della cancellazione del contratto integrativo e dello strangolamento già in atto del vasto indotto collegato alle acciaierie, converrebbe iniziare a riflettere. Anche al di là del coro “Chi non salta tedesco è”, ci sono 15, 20mila manifestanti in corteo, e altrettanti ai lati delle strade e affacciati alle finestre. Non c’è un negozio aperto o quasi, e a sfilare da via Brin a piazza della Repubblica ci sono anche gli avvocati e i poliziotti del Silp Cgil. Manca solo Confindustria.

In una vertenza così generalizzata, le bugie hanno le gambe più corte del solito: “In fabbrica il costo del lavoro non supera il 7% – ricorda un operaio – eppure Thyssen Krupp vuole che i 100 milioni l’anno di cosiddetti ‘risparmi’ arrivino in massima parte dal nostro lavoro e dai nostri salari”. Dietro lo striscione del Consiglio delle Rsu Ast sfilano i Vigili del Fuoco, lavoratori della Coop e della Conad, migliaia di studenti, insieme ai loro professori, che ritmano il coro “Non chiudete l’acciaieria”. C’è la storica Curva Est della Ternana, ora “Curva Ast”, che ha affisso striscioni di solidarietà allo stadio Liberati, dove anche l’allenatore Attilio Tesser si è speso in difesa della fabbrica. Ci sono anche gli striscioni della Società delle Fucine – “45 esuberi su 204” – e della Fiom dell'(ex) Antonio Merloni, che di licenziati ne ha addirittura 700. Nel silenzio dei media nazionali.

La questura parla di “partecipazione imponente”. E bellissima. Ci sono i gonfaloni dei comuni umbri e della Regione. Anche se, fiutando l’aria, nessun politico istituzionale sale sul palco a parlare. Lo fanno invece gli studenti e gli operai, applauditissimi. E duri: “Renzi è andato ad Assisi ma non si è degnato di venire a Terni – racconta una tuta blu – a sentire la puzza della fabbrica. Ora dice di essere terrorizzato per questa vertenza. Figuriamoci noi”.

Uno studente chiede la nazionalizzazione di Ast, così come Rifondazione, i Cinque Stelle e l’Usb. Ci prova anche Angeletti dal palco (e si becca del “buffone”), mentre Susanna Camusso allarga lo sguardo: “Il governo non si è accorto che manca una politica industriale, e noi diciamo, da tempo, che non c’è politica industriale se non c’è un’idea della siderurgia”. La segretaria della Cgil consiglia ai metalmeccanici uno sciopero del settore. Poi riprende: “Perché il governo non chiede ad Ast i contratti di solidarietà, per sostenere un ampliamento del piano industriale? La verità è che dietro questo piano c’è l’idea di un progressivo smantellamento delle acciaierie. Ora in questo caso servono anche gli strumenti dei rapporti tra paesi. Noi la nostra parte la facciamo: i sindacati metalmeccanici incontrano quelli tedeschi la prossima settimana”. E il governo?