Enfatizzando forse un po’ troppo quanto potrebbe accadere nei prossimi giorni, qualcuno già parla di «inverno caldo» dell’Ungheria. Fatto sta che la prossima settimana potrebbe vedere gli operai dell’Audi di Gyor, città del nord-ovest del Paese dove la casa automobilistica tedesca ha la propria sede, incrociare per due ore le braccia per rivendicare un aumento del salario, atto ultimo di una trattativa andata avanti inutilmente per oltre un mese.

Ad annunciare l’iniziativa è stato il sindacato indipendente dell’Audi Hungaria Ahfsz spiegando di aver costituito un comitato per organizzare la mobilitazione. E anche se non è la prima volta che gli operai del comparto automobilistico ungherese scioperano, la sospensione dal lavoro potrebbe essere il primo passo di una mobilitazione ben più ampia.

Nei mesi scorsi proprio gli operai dello stabilimento di Gyor avevano esposto cartelli con scritto in tedesco «Nein, danke» per esprimere in modo chiaro anche ai dirigenti della casa automobilistica l’opposizione al nuovo codice del lavoro (in seguito approvato a dicembre) voluto dal premier Viktor Orbán e che fa salire da 250 a 400 le ore di straordinario annuali. Con la possibilità per gli imprenditori di pagare le ore di lavoro in più nell’arco di tre anni. Progetto subito ribattezzato «legge schiavitù» dagli ungheresi, che in migliaia hanno protestato nel tentativo di bloccarlo. Semplici cittadini, insieme a operai e studenti che alla fine dello scorso anno sono arrivati anche a scontrarsi con la polizia sotto il parlamento di Budapest.

Ufficialmente alla base dello sciopero che potrebbe cominciare nei prossimi giorni ci sono rivendicazioni esclusivamente economiche e non è prevista la richiesta al governo di fare un passo indietro (per altro molto improbabile) sulla legge. E’ chiaro, però, che il provvedimento contestato fa da sfondo alla mobilitazione. «Piuttosto che aumentare le ore di straordinario, potevano aumentare i salari», è la critica principale fatta nei mesi scorsi all’esecutivo. Senza contare l’accusa rivolta dalle opposizione ad Orbán di aver voluto a tutti i costi aumentare le ore di straordinario per favorire proprio le case automobilistiche straniere, prime fra tutte Bmw, Mercedes e Audi, che da tempo hanno delocalizzato la propria produzione in Ungheria attratte oltre che dal basso costo della manodopera (quelli ungheresi sono gli stipendi più bassi di tutta l’Europa), anche da una tassazione sul reddito fissata al 9%. «Con la nuova legge non ci sarà più tempo libero per la famiglia per rilassarsi», ha spiegato nelle scorse settimane Gabor Guzslovan, un iscritto al sindacato dei lavoratori siderurgici.

Quello automobilistico è uno dei settori industriali più importanti in Ungheria, con 700 imprese (asiatiche oltre che tedesche), 155.500 operai e capace di rappresentare il 20 per cento delle esportazioni del Paese. Un settore che però è messo in difficoltà dalla fuga all’estero di decine di migliaia di ungheresi in cerca di stipendi più alti di quelli che potrebbero ricevere in patria – dove il salario medio si aggira sui 780 euro – e quindi una vita migliore.

Lo stabilimento Audi di Gyor è per dimensioni la seconda industria ungherese e nel 2017 ha prodotto 1.965.165 motori. Dall’anno scorso nello stabilimento è stata invece avviata dalla casa tedesca la produzione in serie di motori elettrici. Un gigante che adesso, anche se solo per due ore, rischia di fermarsi.