È stato detto che alcune delle pagine migliori della loro storia gli Italiani le hanno scritte fuori dei confini nazionali. A queste pagine appartengono di diritto i 75 travagliati anni (1884-1959) nei quali si dispiegò la vicenda gloriosa e tragica di Arturo Giovannitti, «poeta e profeta del lavoro», secondo la definizione che ne è rimasta in una memoria collettiva a lungo ingiustamente avara di attenzione nei suoi confronti.
Nativo di un piccolo centro del Molise, cresciuto in una famiglia relativamente prospera, il padre farmacista, la madre anch’essa di estrazione borghese, Giovannitti si segnala già al liceo per il suo talento, vincendo un concorso scolastico di poesia.

Sue fonti di ispirazione, Leopardi, Carducci e la poesia sociale di Lorenzo Stecchetti, mentre sul piano politico lo influenzano figure come Marat e Garibaldi.
Ma finché resta in Italia, di politica non si occupa. Lo farà nell’emigrazione, una via che intraprende alle soglie del nuovo secolo, ancora ragazzo, verso il Canada, prima, e gli Stati Uniti, poi. Qui trascorre alcuni anni in seminario. Per poi uscirne e abbracciare il socialismo e il sindacalismo rivoluzionario, trasferendovi un indomabile afflato utopistico alimentato da alcune dure esperienze di lavoro in miniera.
Alla vita dei minatori della Pennsylvania è dedicata una delle sue poesie più importanti, Son of the Abyss, scritta dopo essere entrato nella redazione del giornale Il Proletario, organo della Federazione Socialista Italiana, vicina ai leggendari Industrial Workers of the World (IWW).
Proprio al più famoso sciopero guidato vittoriosamente dagli IWW, la lotta a fianco dei lavoratori tessili di Lawrence, nel Massachusetts (1912) Giovannitti ha legato il suo nome.

Con la sua ispirata oratoria e un impegno costante, è uno dei più indefettibili militanti che aiutano i 20 000 in sciopero a resistere in una babele di 45 lingue e dialetti diversi. Lo pagherà con l’arresto e un clamoroso processo assieme a Joseph Ettor, altro straordinario organizzatore wobbly, con l’accusa, assurda, di concorso nella tragica uccisione di una scioperante, Anna Lo Pizzo. Il processo si risolve, dopo mesi, con l’assoluzione.
Gli IWW usano abilmente l’occasione per serrare le file dei lavoratori, scatenando un’offensiva propagandistica che esalta l’internazionalismo proletario in tutto il mondo. Migliaia di persone a livello globale si mobilitano generosamente per i due.
Per Giovannitti, Lawrence è la punta di un impegno che si proietta nel tempo, anche al di là della crisi dell’IWW nell’immediato dopoguerra, e che vede il nostro tra le file della mobilitazione per Sacco e Vanzetti e poi contro il fascismo.
Prima di un infelice approdo a Hollywood come sceneggiatore negli anni trenta e la progressiva discesa in un baratro di alcolismo, disillusione, malattia nei due tristi, sempre più bui, decenni successivi.