La Habana, 2015 è il nuovo progetto di Pizzi Cannella, quarantaquattro opere che il pittore dedica a Cuba in mostra nella capitale dell’isola. Tutti lavori su carta con tecnica mista «realizzati per l’occasione e di getto, come fa lui quando si innamora di un progetto», scrive nel catalogo Roberto Gramiccia, curatore della personale e, assieme a Simone Oggionni, organizzatore di questa manifestazione che ha avuto l’appoggio dell’Ambasciata d’Italia – ha voluto inserirla nella XVIII Settimana della cultura italiana- come pure della Biblioteca Nazionale José Martì, che ha concesso la prestigiosa sala El Reino de Este Mundo (visitabile fino al 4 gennaio 2016).

Pizzi Cannella è conosciuto come uno dei protagonisti di rilievo del panorana contemporaneo e come uno dei fondatori della Nuova Scuola Romana. Ma non ha mai messo piede né all’Avana, né a Cuba. Eppure è stata sufficiente una prima «esplorazione» delle sue opere per rendersi conto che dell’Avana il pittore ha saputo dipingere una dimensione che sfugge ai cliché e ai dépliant. «La Cuba che riflette questa mostra è impregnata di fatica, di rum, fumo e tabacco – scrive l’autore habanero Abel Fernández Larrea -. Con le sue pennellate selvagge e le tonalità scure, Pizzi Cannella porta alla luce il subconscio». Opere le sue illuminate da una luce onirica, soffusa, che nasce da una penombra, come in una mattina dopo una notte, appunto, di rum e fumo. Magari accompagnati da una mulatta, incorporea ma sensuale, come quelle suggerite nei quadri che rappresentano i vestiti o i cappellini fioriti di Arairis, Yoani, Yanelis, Marisol, Alicia, Mercedes.

I quadri esposti raccontano la sensualità di bassa intensità che si respira all’Avana, nel ritmo delle caderas, nel lampo di un’occhiata, nelle note di un son. Una sensualità sempre sottintesa, a parte il quadro, inequivoco, La Habana, 2015 dove sullo sfondo il profilo del Campidoglio esce dal crepuscolo in contrasto con il tratto e i colori netti di una conchiglia che richiama il sesso di una donna. E che ricorda la fontana a forma di papaia – a Cuba simbolo dei genitali femminili – che l’archietto Ricardo Porro ha posto al centro della sua Scuola d’arte plastica, nel complesso del famoso Istituto superiore d’arte, proprio come metafora plastica della città.

«Un viaggio immaginario» dell’artista all’Avana – come definisce la mostra Vanessa Crescenzi, responsabile dell’archivio Pizzi Cannella – riprende una serie di temi presenti da anni nel lavoro del pittore, il Ferro battuto che nell’isola «si è travestito, di nascosto, tra le chiese barocche e le architetture coloniali color pastello dell’Habana Vecchia»; i Gioelli che nell’isola vengono dal mare, in collane e orecchini di conchiglie e corallo, rosso fuoco e nero; le Cattedrali che nella mostra habanera sono «essenziali, appena accennate e rese leggere dalla presenza del mare e dell’ampio orizzonte»; il Tabacco, con lavori ispirati alle piantagioni dell’isola, nelle terre del vuelta abajo, con le foglie appese a seccare al sole; gli autoritratti, e le Mappe del mondo. In quest’ultima sezione, «come accade di rado nel lavoro dell’artista», la Mappa di Cuba incontra la realtà, ovvero la conformazione fisica dell’isola.

Probabilmente un omaggio di Pizzi Cannella all’attuale momento storico, in cui gli eventi reali, politici e geopolitici, hanno una valenza che, almeno nei primi momenti, ha superato il sogno: così si sono espressi in molti riferendosi al 14 dicembre dello scorso anno, quando il due presidenti, Obama e Raúl Castro, annunciarono l’inizio del disgelo dopo più di cinquant’anni di ostilità tra Usa e Cuba. «Mi è sembrato di sognare», dichiarò lo scrittore Padura Fuentes, interpretando le sensazione provata da i suoi concittadini.