La consiliatura Raggi volge al termine e per il centrosinistra si fa stringente l’avvio di un ragionamento su come fermare la congiuntura negativa che grava su Roma da oltre un decennio. Concordo pienamente con chi, nelle settimane precedenti, su queste pagine ha posto l’accento prima che sui nomi e le alleanze, sulla grave crisi identitaria e di prospettiva della città. La maggioranza che governa oggi la Capitale è stata eletta sull’onda di un desiderio forte di cambiamento che si è presto smarrito nell’incapacità di costruire un orizzonte programmatico e un modello di città del futuro. Quel cambiamento allora sperato si è trasformato rapidamente in delusione, sconforto e rassegnazione. Con il peggioramento e il collasso dei servizi essenziali abbiamo avuto un assaggio di decrescita infelice.

A questi sentimenti di sconfitta e abbandono dobbiamo necessariamente dare risposte. Chi si candida a tornare al governo della città ha il compito di spiegare come si può ripartire. La giunta pentastellata, impreparata a governare, sin dai primi mesi si è ritrovata nelle sabbie mobili della paura delle decisioni. Il passo veloce del ‘cambiamo tutto’ della campagna elettorale si è ridotto ad un inesorabile ripiegamento generale anche nell’amministrazione ordinaria della città. L’attendismo deliberativo, l’assenza di coraggio e l’inadeguatezza di chi aveva l’ambizione della trasformazione hanno prodotto danni e ritardi enormi. Da qui dobbiamo ripartire con la consapevolezza di doverci caricare un compito estremamente gravoso.

Con determinazione dovremmo individuare da subito le politiche necessarie per condurre Roma fuori dalla crisi, anche avvalendoci delle battaglie svolte dai banchi dell’opposizione per coniugare legalità e diritti, sviluppo e solidarietà. Solo in un secondo tempo potremmo indicare le forze e gli uomini che quelle scelte dovranno concretizzare.

Virginia Raggi ci consegnerà una Roma negletta, divisa e spaesata che ha bisogno in primo luogo di punti di riferimento certi, responsabili e operosi. Queste le caratteristiche indispensabili ad una coalizione ampia anche oltre i partiti, propositiva, coraggiosa e intraprendente. Un anno per fare questo e presentarci con rinnovata credibilità.

Il Pd, dopo la dura sconfitta delle comunali di giugno 2016, non si è mai rassegnato, nei 4 anni di opposizione, ad incalzare sul piano programmatico una compagine allo sbando, denunciando il decadimento economico, sociale e culturale della capitale d’Italia. Servono un piano ambizioso, scelte radicali per riallineare la nostra città ai modelli europei più virtuosi. Uno sforzo straordinario capace di reagire al disagio, alle paure e alle solitudini rimettendo al centro dell’azione politica la persona e le sue vulnerabilità. Roma e i suoi quartieri debbono riscoprire il valore costruttivo e solidale delle comunità, il senso di appartenenza positivo e inclusivo che ha sempre contraddistinto la nostra città. Un programma attento alle esigenze materiali ma anche a quelle meno tangibili.

Proprio dalle singole esperienze di quartiere o dei municipi si può organizzare l’elaborazione programmatica del nuovo centrosinistra. Iniziando laddove la città ha registrato e registra i maggiori malesseri. Immagino un percorso che in pochi mesi possa unire comunità e cittadini in un cammino di partecipazione attiva tra appuntamenti, incontri ed elaborazioni di piattaforme e documenti.

Il campo progressista e democratico che si candida a governare Roma deve essere riconoscibile per partecipazione, solidarietà, progresso, inclusione contro odio, razzismo, sovranismo e localismo. Solo così possiamo arginare una destra pericolosa che rincorre modelli ottocenteschi di primatismo bianco. Il Pd rappresenta il perno di questo campo più largo di alleanze politiche, sociali e civiche. Solo un amalgama straordinario di risorse e competenze, con un programma ambizioso e aperto alle istanze e ai contributi dei cittadini, può rimettere in moto Roma.

* Capogruppo Pd, assemblea capitolina