Con lo scandalo dei suoi sms al Ceo di Pfizer arrivato alla ribalta giudiziaria e lo scoppio del nuovo clamoroso Piepergate che la vede coinvolta, Ursula von der Leyen inaugura la campagna elettorale per la rielezione a presidente della Commissione Ue con la tappa messa in calendario subito dopo la nomina a Spitzenkandidatin del Ppe, la più simbolica della sua nuova agenda politica. «Sono venuta ad Atene perché la Grecia rappresenta il modello per l’Europa» esordisce la presidente uscente. Il riferimento ovviamente non corrisponde alla classifica del debito pubblico come quando era ministra della Difesa di Merkel, ma al bilancio per le armi.

«L’Europa deve spendere di più e spendere in maniera europea. Tutti i membri Ue dovrebbero imitare la Grecia che già dedica oltre il 2% del Pil per la sicurezza. Siccome la guerra non appartiene al passato, la cooperazione per la difesa deve essere il segno distintivo del futuro in Europa. Soprattutto questo punto difenderò nella mia campagna elettorale».

Messaggio diretto agli elettori ma anche ai suoi sostenitori. Quelli certi, come il premier polacco Donald Tusk e il primo ministro greco Kyriakos Mitsotkakis, e incerti come gli ex partner europei che ora più o meno smaccatamente provano a sganciarsi dalla candidata Ppe, a partire dalla sua “amica” Giorgia Meloni ufficialmente pronta ad appoggiare un eventuale candidato sovranista.

Di fatto, l’agenda Ursula comincia ad andare storta perfino ai tedeschi della Cdu-Csu che pure ufficialmente la appoggiano. Anche per questo motivo il palcoscenico della Grecia offerto ieri dal partito Nuova Democrazia in occasione del cinquantenario dalla sua fondazione è servito alla presidente uscente per mascherare il problema dell’unità.

Non è un caso se ieri ad Atene von der Leyen aveva a fianco il connazionale Manfred Weber, presidente del Ppe più che in sintonia con il suo programma incentrato sulla difesa, al punto di comparare incredibilmente il «successo» della Grecia al disastro della Germania.

«Il mio Paese è finito in stagnazione per colpa del governo di sinistra. Il vostro invece è una delle potenze economiche dell’Europa per merito del premier popolare» è il corollario di Weber a supporto del discorso di Ursula. Dietro le quinte però il sostegno tedesco è assai meno solido delle apparenze. L’eurodeputato della Csu, Markus Ferber, chiede da settimane una netta «correzione di rotta» e per lui in cima alle priorità rimangono la competitività economica dell’Ue e il rafforzamento del mercato interno.

Ferber non è certo un oppositore alle spese per la difesa, ma von der Leyen ha promesso agli elettori anche il Green Deal che si traduce con decarbonizzazione prima di tutto per la Germania. I due interessi per lui sono incompatibili, con buona pace dell’endorsement senza se e senza ma di Weber con cui sembra condividere la tessera di partito.

Non va meglio nella Cdu, almeno a giudicare dall’attacco del vicepresidente Andreas Jung, portavoce ufficioso della rabbia dei colleghi nei confronti del divieto dei motori a combustione, ancora più inspiegabile proprio alla luce della nuova guerra fredda che prevede la produzione di inquinantissimi jet e missili per la guerra.

Sarà per questo che von der Leyen ieri ha centrato il suo mirino sul comune nemico che non ammette distrazioni. «Gli amici di Putin in Europa stanno cercando di riscrivere la storia e dirottare il nostro futuro, sia sotto le spoglie di populisti che di demagoghi. Si tratti di Afd in Germania, Rassemblement National in Francia oppure Konfederacja in Polonia il loro obiettivo è lo stesso». Di certo finché i riflettori restano concentrati su Putin sarà difficile squadernare lo scandalo del deputato Markus Pieper, dal 31 gennaio inviato Ue per le Pmi, la cui nomina con lauto contratto risulta come anomala perfino ai commissari Ue, Borrell, Breton, Schmit e Gentiloni.