Saranno gli inquirenti a stabilire cosa esattamente sia accaduto la sera del 20 luglio a Voghera, e a trarne la corretta qualificazione giuridica. Una cosa, tuttavia, è chiara fin dal primo istante: un uomo con la pistola ha ucciso un uomo senza la pistola.

Dalla parte del grilletto, Massimo Adriatici: professionista affermato, esponente della destra di governo, titolare di una carica istituzionale. Dalla parte della canna, Youns El Boussettaoui: migrante senza lavoro, privo di dimora, mentalmente disturbato. In un mondo normale, il primo avrebbe dovuto prendersi cura del secondo, in forza del dovere istituzionale di garantire la sicurezza che manca a chi vive la propria esistenza in balìa della fame, delle intemperie, delle malattie; nel mondo anomalo in cui viviamo, gli ha invece inflitto la più radicale delle insicurezze: lo ha privato della vita.

Prevedibile, ma non per questo meno sconcertante, la spietata reazione di Matteo Salvini: «La difesa è sempre legittima», «se quel signore fosse stato espulso, sarebbe ancora vivo». Ma, che dire del tweet di Enrico Letta, secondo il quale «oggi a Voghera un uomo è morto per colpa di una pistola»? O dell’assoluto silenzio con cui la tragedia è stata accolta a Palazzo Chigi e al Quirinale?
Due sono i profili di allarme che mi pare meritino di essere sottolineati.
Il primo riguarda il nostro presente: vale a dire, il modo in cui i governi – tutti i governi – (non) si occupano delle condizioni, sempre peggiori, in cui versano gli ultimi della scala sociale.

In un ribaltamento concettuale degno di Maria Antonietta, il problema del disagio sociale di chi sta in basso è stato tramutato nel problema del disagio personale di chi sta in alto. Se tante amministrazioni comunali, anche di centrosinistra, si sono ridotte ad adottare misure che (illegittimamente) vietano l’accattonaggio e persino gesti di minima solidarietà, come l’offerta di cibo ai mendicanti, è perché la semplice vista dei diseredati provoca, ai più, un fastidio venato di ostilità.
A fronte di un problema ineludibile – come trattare chi ha la sventura di nascere in un ambiente che lo espone alla malattia, alla povertà, all’ignoranza, al degrado? – la principale preoccupazione dei nostri amministratori è tutelare la serenità dello shopping, dell’aperitivo e persino della messa, rendendo i poveri invisibili ai frequentatori dei centri cittadini.

Esattamente ciò a cui miravano il “pacchetto” Maroni, i decreti Minniti-Orlando, i decreti Salvini-Conte: consentire ai sindaci di colpire il disagio sociale con misure repressive e Daspo urbani a tutela del «decoro» dei “quartieri bene” delle città.
Inutile aggiungere che, nello stesso tempo, proprio mentre la repressione si faceva più incisiva, ogni politica a contenuto sociale veniva progressivamente abbandonata, sino al punto che gli interventi assistenziali risultano, in misura sempre crescente, affidati alla carità privata, a partire da quella delle fondazioni bancarie (là dove ce ne sono). Un vero e proprio ritorno all’Ottocento.
Il secondo profilo di allarme riguarda il nostro futuro: e, più precisamente, l’assai probabile prossimo avvento al governo di una destra estrema, incline a flirtare oscenamente col fascismo.

Passato il tempo del populismo economico rivolto contro l’Unione europea e la sua moneta – questo il senso profondo dell’operazione Draghi: mettere il «pilota automatico» (parole sue) all’economia per i prossimi decenni, chiunque sia a governare –, a Meloni e Salvini non resterà che indirizzare la frustrazione del Paese contro i movimenti sociali, il dissenso politico, la lotta sindacale, la resistenza culturale, i migranti, le minoranze religiose, il pluralismo sessuale.
Abbandonata da tempo, e per responsabilità di tutti, la costruzione della dimensione sostanziale dell’uguaglianza, assisteremo all’attacco a tutta forza rivolto anche alla sua dimensione formale. E il contenuto della nostra democrazia costituzionale risulterà svuotato, oltre che della sua componente sociale, già andata perduta, anche della sua componente liberale (d’altronde è una costante: messi alle strette, i sedicenti liberali scelgono sempre di difendere il capitale piuttosto che la democrazia).

Sventare – o, quantomeno, contenere – questa terribile e minacciosa deriva è, forse, ancora possibile, ma a condizione di saperle opporre una solida visione politica alternativa. Qualche componente della precedente maggioranza parlamentare avrà il coraggio di esprimerla?
Tra un gruppo parlamentare privo di radicamento politico e sociale, un partito guidato da un segretario che non parla chiaro nemmeno di fronte all’uccisione di un uomo e un movimento coautore dei decreti salviniani una nota di speranza viene dalla manifestazione ferma, composta e coraggiosa dell’associazionismo vogherese.