Sei giovani idealisti e una valigia di cartone. Si va a sud, alla ricerca di un nuovo mondo dove vivere nella natura. Così inizia la storia della comunità di Monte Verità, destinata a trasformare il «Mediterraneo» della Svizzera del ’900 in un polo magnetico di convergenza di idee, di avanguardie e di sperimentazioni. L’idea nacque a cavallo tra fine ’800 e inizio ’900, quando il movimento della Lebensreform – riforma della vita – si stava affermando, in contrasto con l’industrializzazione sempre più avanzata che già mostrava i suoi aspetti più negativi: degrado sociale, impatto ambientale, prevaricazione economica. I «riformatori» cercavano una terza via, alternativa al capitalismo e al comunismo, propugnando un ritorno alla natura, a luoghi incontaminati, lontano dalle grandi città che raccoglievano tutti gli elementi negativi da cui volevano fuggire. Si partiva da una rigenerazione del corpo, che andava di pari passo con una diversa organizzazione ideale e sociale.

Ritratto di gruppo con Hermann Hesse

TUTTO EBBE INIZIO in una casa di cura naturista, non lontana da Monaco di Baviera, ma in territorio austriaco, gestita dallo svizzero Arnold Rikli. Alcuni giovani visionari si erano incontrati lì e da quell’incontro prese vita il progetto di una comunità ideale, responsabile e senza discriminazioni. Giunsero dal Nord: Henri Oedenkoven da Anversa, la pianista Ida Hofmann e la sorella Jenny dal Montenegro, l’artista Gusto Gräser e il fratello Karl dalla Transilvania, la giovane ribelle Lotte Hattemer dalla Germania. Alla ricerca di un luogo dove realizzare la loro utopia, scelsero in un primo momento la soleggiata Italia.

APPRODATI NEL LOCARNESE, in Canton Ticino, si trovarono in un contesto in cui al clima mite ricercato si univa la presenza di comunità e colonie nate da scelte di vita alternative. La Svizzera era un paese che si trovava fuori dalla scacchiera delle potenze europee ed era dunque un luogo dove si poteva sognare una nuova vita. Figure emblematiche del movimento anarchico come Michail Bakunin, Carlo Cafiero ed Errico Malatesta avevano scelto anni prima questo lembo di Lago Maggiore, trascinando in seguito altri adepti. Rilevante fu anche l’apertura della galleria del Gottardo, che aveva reso questi paesi ancora incontaminati più raggiungi bili e propizi a ospitare nuovi esperimenti di vita e di sogni rivoluzionari. Un luogo perfetto, la meta era raggiunta. Scelsero il monte Monescia, che ribattezzarono Monte Verità, allusione a una verità originaria. Fino a quel momento, la Monescia apparteneva ad Alfredo Pioda, politico liberale con ispirazioni teosofiche, che sulla collina aveva progettato la costruzione di un tempio teosofico, non realizzato per sopravvenuti impegni politici.

MA LA TEOSOFIA caratterizzò la storia del luogo anche grazie ai nuovi arrivati. Henri era figlio di una ricca famiglia di imprenditori e mise a disposizione il denaro per acquistare il terreno. Ida, divenuta la sua compagna, era impegnata nella difesa dei diritti femminili e ispirata dagli scritti di Tolstoj, che propugnavano ideali di vita di comunità, vegetariana e non violenta. I fratelli Gräser erano l’ala più radicale del gruppo, fermamente contrari a qualsiasi forma di progresso e di commercializzazione. I fondatori si stabilirono sul Monte, avviando il loro esperimento di colonia vegetariana e naturista, dove strutturare una società e un’esistenza quotidiana su nuove basi. Vestiti con gli abiti «della riforma», confezionati con tessuti naturali come cotone o lino, senza cinture o corsetti, che potevano creare disturbo alla circolazione, lavoravano la terra, si dedicavano alla cura del corpo con esercizi di euritmia e bagni di sole integrali.
L’alimentazione era vegetabiliana, oggi definita vegana: oltre all’assoluto divieto di cibarsi di carne, non consumavano prodotti animali come uova e formaggio, bandivano sostanze che potessero alterare il naturale equilibrio come l’alcol e il caffè ed escludevano il sale. Ida Hofmann, principale regista del quotidiano vivere nella colonia, auspicava anche l’esclusione dell’acqua, possibile veicolo di batteri e presente nella frutta e nella verdura che erano alla base della dieta. Costruirono le prime abitazioni, le capanne «aria luce», generalmente a vano unico, caratterizzate da materiali naturali, dal mobilio semplice ed essenziale e dalle numerose finestre per l’esposizione al sole.
La passione di Ida per Wagner fu all’origine dei nomi che caratterizzeranno da lì in poi la topografia della collina: la roccia Loreley, la roccia della Valchiria, il prato Parsifal.