Si chiama José Augustín Hernández González, ha 48 anni, ma nel suo barrio di periferia a Caibarièn, casupole fatte di legno o di materiali di riporto nella provincia di Santa Clara, tutti lo conoscono come Adela. Perché “fin dalla nascita”, José, si sentiva femmina e non lo nascondeva, tanto da essere ripudiato dal padre che lo denunciò come maricón, frocio, in un tempo, negli anni 70 del secolo scorso, in cui gli omosessuali erano duramente repressi a Cuba. Il suo nuovo nome, Adela, lo ha preso dal nome del batey, il conglomerato di case, dello zuccherificio nel quale viveva.

Dichiararsi transessuale in un ambiente di contadini e operai nella campagna cubana, ovvero in una comunità patriarcale e supermachista, implica un cuor di leone. Ma quello che è riuscito ad Adela è qualcosa di più che una vita coraggiosa. È una sorta di miracolo. Espressione questa, miracolo, usata da un commentatore quando il 12 novembre del 2012, Adela è stata eletta delegata della sua circoscrizione – circa 500 anime – all’Assemblea municipale del Poder popular, una specie di nostro consigliere comunale. Perché José da circa vent’anni non solo si vestiva da donna, ma nelle feste di paese prima faceva la parodia di una famosa cantante dominicana – Lucero, la “sirena del merengue” – poi era passato a un’imitazione stupefacente e senza complessi della cantante cubana Haila, famosa fin dai tempi in cui era la voce del Bamboleo. Un atteggiamento, questo, davvero poco “rivoluzionario”.

Nella quotidianità però Adela era – ed è – un’infermiera specializzata in elettrocardiogrammi nella guardia medica del locale ospedale, lavoro che l’ha messa a contatto con casi gravi e nel quale ha mostrato competenza e umanità, doti che hanno fatto passare in secondo piano le sue scelte sessuali. Nel suo degradato quartiere di periferia, soprannominato Aguas Indias, si è battuta senza risparmiarsi per far fronte a carenza croniche frutto di un “tremendo abbandono” da parte del governo. Così José-Adela ha battuto due candidati che avevano il totale appoggio “ufficiale”, ovvero dello Stato e del Partito comunista.

Siccome i cubani, come gran parte dei commentatori che scrivono di Cuba, sono specializzati in dietrismo, non erano mancate le voci che dicevano trattarsi di una sorta di omaggio – assai periferico e nei fatti politicamente assolutamente marginale – all’attività della figlia minore di Raúl Castro, Mariela, fondatrice del Cenesex, organizzazione che si batte per i diritti di gay e transessuali a Cuba. Nella gestione quotidiana, dicevano, si sarebbe dimostrato che Adela era quello che era, un marginale.

I fatti hanno invece dato torto ai dietristi. In una recente intervista al giornale spagnolo Público.it, Adela afferma che è suo compito occuparsi delle necessità di 500 elettori, ma anche che sotto la sua responsabilità vi sono due bodegas – dove si vendono i prodotti sussidiati della libreta – un consultorio medico e tre scuole. «Ho avuto un discreto successo – afferma – Tutte e sette le richieste che abbiamo inoltrato ai competenti organi dello Stato, sono state esaudite».

Adela non dimentica i tempi duri, «i maltrattamenti, gli insulti e le botte ricevute», ma sostiene che mai ha cambiato i suoi «sentimenti nei confronti della Rivoluzione: tutti i Paesi commettono errori, Cuba li ha commessi nei nostri confronti, però ha avuto il coraggio di riconoscerli». E di cambiare. Fra qualche mese José scomparirà dall’anagrafe e al suo posto, nella nuova carta di identità dell’unico transessuale con incarico politico di Cuba comparirà il nome di Adela. E con questo nome potrà «candidarsi a un seggio di deputata».