C’è tempo. Il ministro della Salute Roberto Speranza dà la lieta novella quasi di sfuggita, riferendo in commissione sulle linee guida del Piano Sanità: «La data di presentazione del piano organico del Recovery Fund alla Commissione europea è stata spostata al primo gennaio 2021». Significa la prima decina di gennaio, perché non è che la Commissione intenda riunirsi a capodanno. Tre mesi in più per trasformare in progetti credibili gli obiettivi sin qui squadernati sotto l’altisonante definizione di «linee guida».

PER L’ITALIA IL RINVIO, dovuto probabilmente tanto alla necessità di dare una mano ai Paesi in difficoltà con la progettazione quanto agli ostacoli che rendono incerta l’approvazione del Next Generation Eu da parte di tutti i parlamenti degli Stati membri entro il 2021, è una mano santa. I progetti che altrimenti avrebbero dovuto essere presentati il 15 ottobre come prima data utile (il termine però era e dovrebbe restare aprile 2021) al momento non esistono. Oltre le buone intenzioni non c’è ancora nulla. È per questo che il segretario dem Zingaretti, lunedì pomeriggio, aveva riunito la delegazione Pd al governo: per mettere fretta, reclamare quel Mes che permetterebbe di partire subito, imporre il coinvolgimento da parte di palazzo Chigi che invece, al solito, gioca in solitaria, senza rendere partecipi le forze politiche.

La risposta del premier è arrivata a stretto giro: «Preoccupazioni infondate. Non siamo in ritardo e il governo sta già lavorando all’esame dei progetti». Qualcosa in più ha concesso ieri al presidente di Confindustria Bonomi che aveva affondato la lama: «Se fallisce il Recovery a casa non va solo il governo: ci andiamo tutti». Conte ha assicurato: «Per il Piano ci doteremo di uno strumento normativo ad hoc. Una struttura con norme specifiche e soggetti attuatori dedicati per garantire trasparenza e tempi certi». Anche qui, però, l’impegno per ora non va oltre le promesse.

IL VERO PRIMO PASSO sarà la Nadef, che il consiglio dei ministri dovrebbe licenziare oggi anche se non è escluso lo slittamento di qualche giorno. Ieri c’è stato un lungo vertice in due tempi tra Conte, i capidelegazione e i ministri e sottosegretari economici. Nell’intervallo, dovuto a impegni istituzionali e durato molte ore prima che il vertice riprendesse nel tardo pomeriggio, Conte ha diffuso un bel po’ di ottimismo, pur ammettendo che la situazione è molto pesante. Ma l’Italia «sta dimostrando una resilienza anche economica. Il calo del Pil sarà sotto le doppia cifra e poi ci sarà l’effetto rimbalzo l’anno prossimo». Il calo del Pil verrà previsto tra il 9 e il 10%, comunque al di sotto della doppia cifra costi quel che costi al lavoro dei ragionieri, per arrivare poi al 6% l’anno prossimo. Il rapporto deficit/Pil, quest’anno di poco superiore al 10%, dovrebbe scendere al 6% per poi rientrare nel parametro del 3% nel 2023. Il debito dovrebbe scendere dal picco del 158% al 150%. Sono previsioni ottimistiche. Scommettono sul fatto che non solo il governo si muova con efficacia e celerità ma anche che tutto vada per il meglio e la pandemia non morda di nuovo a fondo. La legge di bilancio si aggirerà sui 25 miliardi senza ricorso al deficit. Di concreto ci sarà poco e quel poco riguarderà la riforma fiscale, che per Gualtieri è prioritaria. Il ministro dell’Economia pensa a un taglio del cuneo fiscale con legge delega già quest’anno e decreti attuativi entro il 2021 ma i 5S puntano i piedi per un intervento anche sull’Irpef.

IL NODO MES, lungamente dibattuto nella riunione della delegazione del Pd di lunedì, potrebbe emergere qui. Gualtieri è possibilista sull’evitare lo scossone che traumatizzerebbe la maggioranza. In fondo il Recovery, contro le previsioni, permette anche le spese sanitarie. Il ministro degli Affari europei Enzo Amendola è di parere opposto, ritiene che il prestito vada acceso subito e Zingaretti, pur con prudenza, la pensa come lui. Mira a sfruttare i piani sanità delle Regioni per dimostrare la necessità urgente di quei 37 miliardi. E circa cento di sindaci hanno già firmato l’appello in favore del Mes promosso dal dem Matteo Ricci. Conte punta sul solito rinvio. Il Piano Sanità va presentato in gennaio? Allora del Mes se ne riparla l’anno prossimo. I 5S restano ferreamente contrari ma insistono sull’Irpef. Se il Mes non fosse per tutti una bandiera, lo scambio sarebbe nell’ordine delle cose.