Di fronte alle contrastanti ed inconsistenti posizioni che sino ad ora ha preso il Governo nel suo insieme sulla vicenda della extraordinary rendition della signora Shalabayeva e di sua figlia Alia di sei anni, proviamo ad elencare le norme nazionali ed internazionali che sono state violate in questa vicenda, in rapporto alla posizione della bambina. A livello internazionale si comincia con la Convenzione Onu sui Diritti dell’infanzia del 1989 che l’Italia ha sottoscritto e che impegna il nostro paese ad uniformare la sua legislazioni in materia minorile al principio del «maggior interesse del minore».

In sostanza tutti gli atti compiuti nei confronti di un minore devono tendere non solo alla sua salvaguardia da pratiche che possano ledere i suoi diritti fondamentali, ma anche alla sua attiva protezione. La legislazione nazionale, dunque, in coerenza con questo principio di civiltà giuridica internazionale, vieta esplicitamente che un minore possa essere espulso, se non per motivi di pubblica sicurezza, e non era certo questo il caso, ma comunque dopo l’autorizzazione del Tribunale per i minorenni, che nella vicenda specifica non ha avuto nessun ruolo. Il minore, inoltre, può essere rimpatriato a seguito di un genitore, ma solo se rappresenta il suo «maggior interesse» ed anche in questo caso con il parere vincolante del Tribunale preposto.

L’Italia è inoltre vincolata alla Convenzione europea per la salvaguardia del Diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, che vieta chiaramente l’espulsione o il rimpatrio verso luoghi in cui la vita dell’espulso sia minacciata, o rischia trattamenti degradanti, tortura anche psicologica e via enumerando. Evento che diventa ancor più vincolante se si tratta di un minore. Ovviamente non avendo il nostro paese introdotto il reato di tortura, la sensibilità, anche di chi, sino a pochi Governi fa, si era battuto in questo senso, sembra ora meno attiva. Il principio di salvaguardia è comunque ripreso anche nel Testo unico sulla immigrazione, che tra i divieti di espulsione prevede la specifica evenienza. Nella fattispecie, la signora Shalabayeva avrebbe potuto chiedere al Tribunale dei minori, come previsto dall’articolo 31 comma 3 del testo unico sulla immigrazione, una autorizzazione a restare in Italia nell’ «interesse superiore della bambina» ma, sembra di capire, nessuno l’ha informata. Ora la litania dei «vedremo, faremo, cercheremo», si accoda a quella dei Marò palleggiati tra Italia ed India e, indietro nel tempo, alla vicenda di Abu Omar oramai «risolta» per il meglio, come ha sostenuto Angelo Panebianco sul Corriere, con il rientro in patria dell’agente Lady, evitando cioè un incidente diplomatico con il maggior alleato atlantico. Certo è un fatto che l’unico paese con il quale Obama si sia scusato per le intercettazioni è la Germania, nessuno si sognerebbe di scusarsi con l’Italia per le attività coperte che avvengono nel nostro territorio ma, è molto più grave, nessuno queste scuse le ha pretese. Ora la domanda è: qual è il costo dell’intera vicenda?

È veramente possibile procedere con tale modalità e credere che faccia parte di una realpolitik che ci permette di restare in Europa solo eseguendo i compiti della BCE, o piuttosto espone il Paese ad una subalternità che ci farà ingoiare rospi sempre più grandi in materia di violazione dei Diritti umani, e non solo degli immigrati?