Eftimios

16/41. Una lacrima in tredici anni di cure.

Durante una cobaltoterapia ho visto una lacrima.

I dottori e le dottoresse avevano detto a Eftimios di non muoversi durante la cobaltoterapia. E lui, sdraiato di fianco sul lettino, stava buono, immobile. Si preparava tranquillo, senza fretta, senza parole, saliva sul lettino, lo aggiustavano, prendevano le misure, uscivano e si mettevano al nostro fianco, dietro l’oblò che ci permetteva di controllare l’operazione. Lui ci guardava per tutto il tempo. Quanto dura il tempo di una cobaltoterapia?

Un giorno del settantasetteotto, aveva seisette anni, nel mezzo dell’operazione mi pare di vedere una lacrima tracimare dalla sua palpebra, indugiare prima, e poi calare lentamente, lentissimamente dal ciglio alla guancia, tonda, tersa, trasparente. Una sola. Una sola lacrima in tredici anni di cure. Quando lo abbiamo portato fuori, la lacrima non c’era più. Me l’ero inventata io da dietro l’oblò?

Perché gli esseri umani piangono? Per comunicarsi, per comunicare uno stato d’animo di sofferenza, per commiserarsi e per farsi commiserare. Perché Eftimios non piangeva? Il dolore fisico lo provava, certo. Ma c’erano dei sentimenti, degli stati d’animo che non conosceva. Non sapeva odiare, non sapeva invidiare, odiare perché? invidiare chi? Non si faceva sovrastare dal dolore, non sovrastava con le parole, non stravinceva, non si abbandonava alla sconfitta prima di perdere, non era modesto, non era superbo, i vizi non lo interessavano, lezioni non ne dava.

Era scesa quella lacrima, dal ciglio alla guancia? O era salita? Può salire una lacrima? Forse una volta l’ha fatto. Provaci, provatelo. Entrate in una saletta per cobaltoterapia, sdraiatevi, aspettate, guardate gli altri che restano fuori e vi guardano. Sono commoventi, no? O se vuoi, se volete, andate in giro per il mondo, entrate in un mercato di Tunisi o in una chiesa di Arezzo, guardate gli esseri umani che comprano e vendono, pregano e si fanno pregare. Sono commoventi, no?

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