Un mondo – ma forse sarebbe più corretto dire un universo – «in un granello di sabbia». Così Cass R. Sunstein, professore di legge a Harvard e autore del libro Il mondo secondo Star Wars (Università Bocconi Editore, pp. 213, euro 12,90) definisce la saga creata da George Lucas nel 1977 e che continua oggi con una serratissima sequela di uscite orchestrate dalla Walt Disney Pictures.

COSTRUITO su due direttrici complementari, il libro di Sunstein tenta spiegarsi razionalmente il fenomenale successo della saga, vero e proprio «mito moderno», e contemporaneamente analizzare come i temi più disparati vadano a confluirvi, facendo di Guerre stellari un prisma da cui osservare il mondo intero, dalla psicologia ai conflitti sociali, dagli stessi fenomeni di massa alla giurisprudenza.

Nella prefazione l’autore rende chiaro il punto di vista da cui si è avvicinato alla materia del suo lavoro: quello del fan di Star Wars, uno dei partecipanti a quell’«estasi collettiva» che la saga ha raccolto intorno a sé. Il punto di partenza e d’approdo non può dunque che essere il monomito di Joseph Campbell: la struttura del viaggio dell’eroe che è stata la guida dello stesso Lucas.

LA PARTE PIÙ INTERESSANTE del libro è proprio quella che ricostruisce la multiforme genesi di Guerre stellari, divenuta col tempo mito anch’essa: la storia eroica di come un film strano e ambizioso da tutti dato per spacciato (compresi Lucas e la 20th Century Fox che lo produsse) è diventato un successo colossale, il più grande che il mondo del cinema avesse mai visto. Con passione filologica Sunstein ne ricostruisce le faticose tappe: le fonti d’ispirazione – dal western fino a Flash Gordon, che Lucas voleva adattare per il grande schermo ma non poteva permettersi di acquistarne i diritti – il progredire del soggetto a partire dalla visione di due droidi che si aggirano nel deserto ispirata alla Fortezza nascosta di Kurosawa.

COSÌ FACENDO SUNSTEIN decostruisce anche il mito eretto ex post da Lucas sulla nascita stessa del suo più grande successo: col tempo, infatti, il regista ha cominciato a raccontare di quella storia una versione che ne smussava o obliterava del tutto gli imprevisti, le intuizioni fortuite nate dal caso o dal colpo di genio improvviso, a partire dalla più sconvolgente rivelazione della storia e cioè che il crudele Darth Fener è il padre dell’eroe Luke Skywalker.

Un colpo di scena entrato nell’aneddotica e di cui Lucas ha detto, in tempi più recenti, di averlo avuto sempre in mente – prevedendo dunque quell’importanza data nella saga al rapporto tra padri e figli e al libero arbitrio a cui Sunstein dedica grande parte del suo discorso.

Nella seconda parte del suo Mondo secondo Star Wars l’autore tenta un catalogo di quei temi universali o legati alle contingenze storiche che si possono leggere in controluce non solo nella trilogia originale – nata in piena Guerra Fredda e sull’onda lunga del Watergate e del Vietnam – ma in tutta la saga. A partire dal suo cuore «politico»: quell’opposizione fra tirannia e libertà dai tratti universali nei primi film e poi strettamente connotati in chiave anti Bush nel prequel.

Sunstein si avventura in una serie di paralleli e rimandi, dalle analogie fra gli Jedi e Martin Luther King a quella fra la resistenza all’Impero e le primavere arabe, dall’immancabile Edipo a George Washington. Ma in questa analisi al microscopio, quasi un gioco in cui si cerca di ricondurre Star Wars a ogni possibile analogia, si sfuoca la visione d’insieme sull’anima più semplice e rivoluzionaria dei film, in un cui universo di moltitudini, letteralmente di ogni forma e colore, si batte fianco a fianco contro la tirannia.

ALLO STESSO MODO, nella sua minuziosa disamina del successo imprevisto di Star Wars tralascia l’aspetto forse più determinante: il genio visivo di Lucas e dell’Industrial Light and Magic che fu al suo fianco nel creare quegli effetti speciali che hanno dato forma all’universo di Star Wars. Evidentemente, da professore di legge, non è l’aspetto più strettamente cinematografico che interessa a Sunstein – che pure non si risparmia uno sgradevole e gratuito giudizio su 2001 Odissea nello spazio – ma senza volgere lo sguardo a ciò che Lucas poteva vedere dove per tutti gli altri c’erano solo degli strambi set si perde buona parte della meraviglia suscitata da Guerre stellari, con il suo senso di vertigine, incrociatori stellari, bar galattici e macchine da guerra dello spazio. Veramente un mondo nato da un granello di sabbia.