Davanti all’angoscioso precipizio aperto dall’invasione russa dell’Ucraina gli economisti Emiliano Brancaccio, Raffaele Giammetti e Stefano Lucarelli hanno scritto un libro che pratica un esercizio distante dai «codismi» che servono le propagande belliche dell’uno o dell’altro imperialismo in lotta.

GIÀ IL FATTO che La guerra capitalista. Competizione, centralizzazione, nuovo conflitto imperialista (Mimesis, pp. 282, euro 20) usi il concetto di «imperialismo» segna una discontinuità rispetto al dibattito tossico basato sulle veline di guerra e rispetto alla moda della «geopolitica», una «metodologia di tipo aneddotico» e una «non scienza priva di leggi» che non siano quelle di una «natura umana», ossessionata dal controllo del territorio, armata di valori astorici, affamata di potere.

A questa antropologia unidimensionale, automatica e pessimistica, gli autori contrappongono una concezione non idealistica, ma dialettica, irriducibile al positivismo scientista dell’economia neoliberale e basata sulla metodologia del «net control» intesa come misura della concentrazione della proprietà azionaria. La «natura» viene così storicizzata e il «potere» non è una sostanza. È uno degli effetti delle contraddizioni produttive, sociali e morali di una «legge» formulata da Karl Marx ne Il Capitale: la centralizzazione del capitale mondiale in cui paesi «debitori» e «creditori» si oppongono in una crisi permanente che può sfociare in guerre di diversa intensità.

MARX HA DISTINTO due momenti: la concentrazione e la centralizzazione dei capitali. Il primo concetto indica la concentrazione del capitale in sempre meno mani, una competizione che genera vincitori che cannibalizzano i vinti, crea nuovi mezzi di produzione e una forza lavoro subalterna e precarizzata.

Il secondo concetto indica la centralizzazione del capitale, esito della competizione tra capitalisti per la conquista dei mercati che porta a una competizione inflessibile e alla creazione di un’oligarchia capitalista che non ha bisogno di imporre una proprietà sui capitali. Tale sistema è basato su una «contraddizione» in cui il capitalismo nega la «proprietà privata» e usa quest’ultima per liquidare la «libera concorrenza».

QUESTO MECCANISMO si ripete e ha permesso il finanziamento dell’infrastrutturazione ferroviaria del mondo o l’imbricazione della vita nel capitalismo delle piattaforme digitali. La storicizzazione di una legge tendenziale, dunque non eterna né deterministica ma politica, permette di introdurre il problema della difficile e rara possibilità di rovesciare il capitalismo.

All’origine di questo dibattito ci sono Hilferding e Lenin, Sweezey e Mandel. Il libro si propone di attualizzare l’approccio marxista in un mondo spezzettato, caotico e multipolare in cui trova spazio la lotta per l’egemonia tra un imperialismo «occidentale», basato sull’egemonia degli Stati Uniti, che si erge al ruolo di baluardo delle libertà civili e politiche in nome delle quali ha scatenato guerre nel recente passato; quello di una Cina diventata un paese capitalista a tutti gli effetti che declina una versione dell’imperialismo economico; l’imperialismo dell’infame oligarchia russa.

IN QUESTO SCENARIO lottare contro l’imperialismo del proprio paese non significa innamorarsi di quelli altrui. Una precisazione non di poco conto in un momento in cui il complottismo sembra avere sussunto l’idea della critica, mentre l’approccio politico al conflitto è intorbidato da un malinteso «realismo» senza soggettività oppure è diventato una parodia dove il «Bene» è attribuito all’imperialismo degli Stati Uniti e dei loro alleati, mentre altri lo proiettano sull’oligarchia russa in cui vedono tracce residue della rivoluzione bolscevica.

GIÙ LE ARMI e su i salari contro la barbarie della guerra capitalista. Dal punto di vista di una critica dell’economia politica è su questo nesso che il libro invita a riflettere il pacifismo diffuso. Non la consolazione dei popoli, ma una politica che prospetta una potenziale alleanza anticapitalista capace di opporsi allo scontro tra i poteri selvaggi che prosperano sull’insicurezza globale e affermare gli interessi vitali del salario, del reddito e della garanzia della vita.