La Colonia di capodanno è lontanissima dalla Colonia di Rami Alasheq, la stazione è lontanissima dalla sua giovane redazione virtuale. La Colonia di Rami racconta un’altra realtà, racconta chi sono davvero i rifugiati siriani in Germania. Rami Alasheq è uno di loro. Di origine palestinese, nel 2014 è partito dal campo profughi sotto assedio di Yarmouk, nel cuore di Damasco, per cercare la salvezza in Germania. Poeta, giornalista, attivista, ricci neri che gli incorniciano il viso, dopo due anni ha trovato la chiave giusta per aprire la porta ai tantissimi connazionali che sono fuggiti dalla guerra.

L’idea gliel’ha data la famiglia tedesca che lo ha accolto a Colonia, città oggi etichettata come modello del fallimento dell’accoglienza: «Mi hanno dato amore – racconta ad al Jazeera – Una volta ho ringraziato Cristina, la madre. Mi ha detto: ‘Non ringraziarmi, ho solo aperto la porta’».

Rami ha deciso di fare altrettanto: ha fondato un nuovo giornale, Abwab (“porte” in arabo), per il milione di rifugiati siriani, iracheni, afghani riparati in Germania. La prima edizione è stata pubblicata il primo dicembre: 25mila copie distribuite nei campo profughi e nelle comunità per rifugiati in tutto il paese. Un tale successo che ne ha dovute ristampare altre 10mila.

Nella redazione virtuale lavorano tutti rifugiati, si scambiano articoli e materiali via Skype e Dropbox. Pubblicano in arabo notizie ed informazioni fondamentali a chi arriva per chiedere asilo. Su Facebook, dove la pagina di Abwab ha già attirato oltre 3.200 follower, si moltiplicano le foto di rifugiati con il giornale in mano, fuori dai centri accoglienza o nei campi, intramezzate da quelle scattate in tipografia. Nei rulli corrono le copie di Abwab, la prima edizione ha in apertura la faccia della cancelliera Merkel.

Dentro, accanto alle informazioni burocratiche, stanno articoli sulla prima orchestra composta da profughi, un decalogo sui passi da compiere verso la piena integrazione, indicazioni su come ritrovare parenti e amici, una lista di corsi di lingua tedesca. Ma anche articoli di attualità sulla Siria, ancora devastata dalle violenze.

A sostenere lo sforzo di Rami è la New German Media, editrice britannica di Abwab e altri 15 giornali per minoranze in altri paesi europei. La speranza è che quella porta, di carta, conduca ad una maggiore stabilizzazione dei rifugiati e quindi aiuti nell’accidentato percorso verso l’integrazione in un’Europa che innalza barriere e fili spinati. «Se i rifugiati che arrivano qui non sono guidati da nessuno, non avranno alcuna informazione – spiega ad al Jazeera Wenzel Minchalki, direttore di Human Rights Watch in Germania – Stiamo assistendo alla nascita di una nuova società civile, un fatto positivo soprattutto per i profughi: si sentono accolti». Ad accoglierli sono singoli, associazioni, contro cui si scontrano le tendenze razziste e islamofobe che sempre più terreno fertile trovano in Europa.

Il capodanno di Colonia è lontano anni luce dalle pagine di Abwab perché questa rivista è lo specchio dei rifugiati che cercano qui la serenità che la guerra globale combattuta a casa loro gli ha tolto. Per raggiungerla ci sono da superare i mille ostacoli posti dalla burocrazia, da una lingua nuova, dalla vita nei campi: «I profughi arrivano in un paese nuovo con una cultura, una società, delle politiche che non conoscono – scriveva Rami nel primo editoriale – Questa rivista è qui per aprire nuove porte a chi parla arabo». Le porte che offre Abwab sono facili da aprire, disegnano un percorso lastricato di consigli: adattati alle pratiche quotidiane, cerca informazioni di prima mano, sii amichevole, entra in contatto con i tedeschi, non smettere di imparare.

Abwab funziona. Della seconda edizione, quella di gennaio, sono state stampate 45mila copie. Rami e la sua redazione di giornalisti e attivisti va avanti con il lavoro: scrive, distribuisce, aggiorna la pagina Facebook, entrando in contatto con un numero sempre maggiore di rifugiati.