Dimezzando la distanza temporale che aveva separato i primi due romanzi della sua personale ricerca del tempo perduto, Paolo Scardanelli torna in libreria con il terzo tomo di quella che si annuncia come una tetralogia. Così dopo L’accordo. Era l’estate del 1979 e L’accordo. I vivi e i morti (entrambi recensiti su queste pagine) è la volta di L’accordo. L’ombra (Carbonio Editore, pp. 240, euro 15).

APRENDO IL LIBRO, fin dalle prime pagine, il lettore che abbia un minimo di conoscenza dei due romanzi precedenti, si trova completamente spiazzato. Il tono, l’atmosfera, la materia stessa della narrazione sono profondamente differenti: sembra quasi di trovarsi davanti a un libro di Dashiell Hammett o di Raymond Chandler, a un noir vero e proprio. E se andando avanti nella lettura questa sorta di coloritura dark si conferma, ci si rende conto che la scrittura, il modo di narrare è sempre quello elegante e profondo di Paolo Scardanelli. E anche nelle scene in cui pare di assistere a un brano de Il falcone maltese o Il grande sonno, con Bogart coinvolto in una sparatoria, emergono sempre, a volte come relitti, frasi, espressioni in cui non puoi non riconoscere lo stile inconfondibile di Scardanelli.

Così proprio all’inizio, nel mezzo di una sparatoria ci si trova davanti a queste parole: «Mentre la pallottola gli attraversava l’articolazione della spalla, frantumando l’osso in minuscole schegge, implodendo con un calore tutto sommato confortevole, non sapeva perché ma gli venne in mente una frase della Metamorfosi delle piante che aveva studiato al corso di Estetica in Statale: ogni vivente non è un singolo, ma una pluralità».

L’EFFETTO È STRANIANTE e fortemente ironico, un’ironia che attraversa tutto il testo, presentandosi come ulteriore strumento di analisi del reale. E che sembra accoppiarsi – rinforzando l’effetto ironico – a quella che sembra essere ormai la maniera principale con cui la letteratura può analizzare il reale, ovvero quello che una volta, nella sua accezione più ampia, qui da noi si chiamava il genere giallo. È vero che già nel primo dei libri della serie c’era un elemento crime, un possibile omicidio, ma rimaneva sullo sfondo mai completamente chiarito.

Qui, invece, la storia stessa si struttura come un romanzo poliziesco e accanto all’autore-protagonista emerge in pratica come co-protagonista quello che incarna tale elemento dark, Bruno, il figlio di Anna (la donna amata da sempre da Paolo) e Andrea (il migliore amico dell’autore, morto da tempo e che però continua a «comparire» per così dire nella vita dell’amico vivo).

La vita di Bruno era cambiata, la sua discesa agli inferi era iniziata quando aveva scoperto «d’appartenere alla schiatta dei reietti, degli abbandonati, dei derelitti, dei perdenti». E come loro, sapeva che la debolezza «si può vincere, e si vince, con la forza dell’oscurità, non cedendo e credendo alle trite convenzioni borghesi, ma agendo, scavandosi un tunnel che porti nel sottosuolo, là dove le ombre vincono sul giorno». E ci sono fiori lì sotto, «fiori malati, fiori che non piacerebbero agli eroi della morale, ai campioni dell’etica, i fiori tanto cari a Baudelaire».

Ma questa discesa lo aveva portato a scontrarsi e dover fuggire dai suoi vecchi compagni del lato oscuro. Era dovuto scappare via e si era rifugiato a Riga. Lì Paolo viene inviato da Anna per riportarlo a Milano. E lì, dove era andato a prendere la sua bambina adottata, dove aveva incontrato la vita, Paolo si troverà a toccare con mano la morte.

LA STORIA CONTINUA sempre caratterizzata dalle riflessioni e dalla ricerca di senso che muove l’autore-personaggio, ma l’atmosfera continua ad essere dark, caratterizzando la narrazione con una tensione nuova rispetto ai libri precedenti. Non mancano riferimenti e rimandi a grandi autori del passato, questa volta, però, rispetto ai filosofi (che pure vengono utilizzati) emergono maggiormente poeti e narratori, la cui opera è caratterizzata in modo significativo da quell’«ombra» presente nel titolo, tra tutti Dante e, soprattutto, Shakespeare. Il finale rimanda al prossimo romanzo con la donna angelo, Anna, che quasi madonna medievale, affida un altro compito al proprio cavalier servente.