Il Fn potrebbe arrivare in testa in sei regioni su 13 e ha buone possibilità di conquistare la presidenza tra 2 e 4 regioni, la vittoria più probabile è per Marine Le Pen nel Nord-Pas-de-Calais-Picardie e Marion Mérechal-Le Pen, la nipote, in Provenza-Costa Azzurra. Il paradosso è che l’estrema destra non ha avuto bisogno di fare una grande campagna, ma solo di far leva sulla «paura», che ha ribaltato in «odio» per l’altro, il jihadista certo, ma subito assimilato all’immigrazione in generale. «Il fondamentalismo islamico non avrebbe potuto svilupparsi se avessimo messo fine a un’immigrazione di massa impossibile da assimilare da anni», riassume Marine Le Pen, che aggiunge: «l’attualità lavora per noi».

Toccherà agli storici valutare la responsabilità del governo e di François Hollande in questa deriva. Hollande ritiene che la conferma dell’opportunità delle scelte fatte dopo gli attentati venga dalla crescita inabituale della sua popolarità: più 22 punti, ormai al 50%. Ma ha torto Marine Le Pen quando si vanta: «la classe politica viene sulle nostre terre, (salvo il Front de Gauche e Eelv)»?
Se si guarda alla storia, Hollande potrebbe diventare il nuovo Guy Mollet, premier della Sfio (l’antenata del Ps) eletto nel ’56 per mettere fine alla guerra d’Algeria, che al contrario infognò il paese nel conflitto, con tutto quel che ne consegue (anche la tortura, e tra i protagonisti ci fu Jean-Marie Le Pen). Nel 1958 arrivò De Gaulle con ciò che Mitterrand definì «colpo di stato permanente». La sinistra dovrà spettare il 1981 per tornare al potere.

Oggi, la Francia è in stato d’emergenza. La popolazione per il momento accetta questa imposizione, sull’onda dell’emozione causata dagli attentati. Il governo cerca di intrattenere l’ambiguità: lo stato d’eccezione riguarderebbe soprattutto gli «altri», e per correggere le derive delle perquisizioni extragiudiziarie che hanno riguardato anche i militanti ecologisti che nulla hanno a che vedere con il terrorismo, adesso valuta la possibilità di permettere una qualche forma di manifestazione il 12 dicembre, vigilia del secondo turno, per la fine della Cop21.
Ma il primo ministro Manuel Valls ha già avvertito: lo stato di emergenza, votato dal Parlamento a grande maggioranza per tre mesi (fino al 26 febbraio), potrebbe «venire prolungato». È facile prevedere che tra tre mesi la minaccia terroristica non sarà sventata. Di più, Hollande ha previsto di costituzionalizzare questo stato d’eccezione, modificando la Carta. E lo vuole fare molto in fretta: la proposta sarà in Consiglio dei ministri già il 23 dicembre, per poi essere sottoposta al voto di Assemblea e Senato, e sull’onda al Congresso (le due camere riunite) già a gennaio. Si profila così uno stato d’emergenza permanente, situazione che alcuni giuristi già valutano oggi incompatibile con le elezioni (c’è stato un ricorso, per annullare l’elezione regionale, respinto).

A parole, Valls si sgola per invitare a «fare barriera» contro il Fn. Il segretario del Ps, Jean-Christophe Cambadelis, evoca Vichy, «allora erano gli ebrei, oggi sono i musulmani».

La destra classica, che deve fare i conti con un elettorato che si fa sedurre dall’estrema destra, cerca di mettere in guardia contro «il doppio discorso» e i «rischi» di una vittoria dell’estrema destra per l’economia, il benessere, l’export, gli investimenti esteri.

A sinistra, c’è difficoltà a far sentire una voce discordante. Tanto più che si sono moltiplicate le liste, i Verdi corrono da soli praticamente dappertutto, a volte ci sono liste écolo concorrenti, il Front de gauche è arrivato anche a spaccarsi al suo interno, con scelte diverse tra Pcf e Parti de Gauche. Eeiv non ha «nazionalizzato» la campagna e si è trovata spiazzata. Puntava sulla diffusione dei temi ecologisti grazie alla Cop21, ma gli attentati hanno travolto tutto. «Bisogna farsi all’idea di un paese alla vigilia di cadere nell’estrema destra» deprimono a Eeiv. Altrettanto depresso Jean-Luc Mélenchon del Front de Gauche: domenica, scrive sul suo blog, «saremo umiliati, il nostro risultato sarà frammentato in 3 o 4 tipi di lista, per me è un crepacuore». Pierre Laurent, del Pcf (testa di lista in Ile-de-France) continua una campagna contro l’austerità, ma la testa degli elettori è altrove.
La prossima settimana ci sarà la battaglia del secondo turno, gli accordi, le eventuali fusioni. La sinistra avrà poca voce in capitolo, mentre l’unica possibilità sarà un accordo o un invito a votare Ps. Malgrado la svolta marziale.