Tra tutte le più affascinanti e spaventose creature fantastiche immaginate nei millenni, tra i draghi, le chimere, le arpie, i golem, i gargoyle e i leviatani che hanno alimentato i sogni e gli incubi dell’essere umano ce ne è una relativamente giovane, poiché è nata nel XX secolo, ma meritevole di essere citata affianco ai mostri ancestrali per il suo micidiale carisma e la sua letale bellezza.

Si tratta dello Xenomorfo dell’artista Hans Rudi Giger, recentemente scomparso, autore di sublimi e macabri abomini. Una creatura dello spazio profondo che diventò la Bestia contro la Bella Sigourney Weaver in Alien di Ridley Scott, terrorizzando con la sua imperscrutabile e cosmica malvagità predatoria il pubblico di tutto il mondo.

In Aliens di James Cameron lo Xenomorfo perse qualcosa della sua aura intimidatoria, malgrado l’eccellenza del film, poiché ne vediamo orde massacrate dai marines dello spazio, ma la riguadagnò nel terzo film diretto da David Fincher dove ritorna a essere un assassino solitario e sfuggente. Da allora, trasferitosi nel mondo dei videogiochi, ne abbiamo ucciso tanti esemplari quanti sono i funghi che si è mangiato Super Mario, fino al poco interessante Alien Colonial Marines uscito due anni fa.

A ripristinare, dopo 35 anni, l’angoscia e la suspense quasi insostenibile del film di Ridley Scott e quel sentore di invincibilità e inarrestabilità che ammanta lo Xenomorfo di Giger ci ha pensato, inaspettatamente, proprio un videogame: Alien Isolation di Creative Assembly, appena uscito per Ps4, Ps3, XBox One, XBox 360 e PC. Qui l’alieno è uno solo e non si può uccidere sebbene «esso» (ci vorrebbe l’inglese «It») ci possa eliminare all’istante con le sue doppie fauci, la coda acuminata e gli artigli.

alien isolation

Omaggio amoroso, cinefilo, museale e rigoroso al classico del fanta-horror di Scott, Alien Isolation si svolge 15 anni dopo gli eventi catastrofici che portarono alla distruzione della Nostromo e ci fa controllare Amanda Ripley, figlia di Ellen. Amanda viaggia fino alla stazione spaziale di Sevastopol, dove viene conservata la scatola nera della Nostromo, in cerca di notizie della madre scomparsa. Ma non appena riusciamo a penetrare nella stazione inizia una lotta per la sopravvivenza che dura circa una ventina di ore, un incubo per giocatori dal cuore saldo che non intendano il videogioco come esercizio di onnipotenza distruttiva.

Perché la maggior parte di tempo trascorso in Alien Isolation lo trascorriamo nascosti, rabbrividendo e sperando che il mostro non ci veda, oppure scappando. Ci sarà l’occasione di sparare qualche colpo ai sopravvissuti incattiviti o ai cyborg impazziti, ma non è che una digressione. Mentre vaghiamo per l’enorme, tetra ma affascinante stazione di Sevastopol, la cui tecnologia è disegnata in stile «vintage» adeguandosi con arte al film del 1979, lo Xenomorfo può presentarsi in qualsiasi momento. Abbiamo il «classico» scanner, ma l’alieno si prende gioco di Amanda e talvolta sentiamo ticchettare lo strumento e identifichiamo l’infame puntino rosso proprio nei nostri pressi, ma non vediamo il mostro.

Dov’è? Sarà un falso contatto, ci diciamo, rilassandosi. Poi eccolo spuntare dal soffitto dove si celava, per ucciderci. Possiamo stordire lo Xenomorfo, se ci riusciamo, o distrarlo ma è lui che ci da la caccia. Alien Isolation è una una partita a scacchi nello spazio profondo contro una spietata morte virtuale, il capolavoro science-finction dell’anno, non solo tra i videogame.