Il recente parere della Commissione europea sugli Ogm, favorevole a un quadro normativo per le nuove tecniche di manipolazione genetica, è un grande favore alla lobby industriale e un passo falso sulla via della transizione ecologica. Sottrarre le nuove tecniche dalla normativa sugli Ogm contraddice non solo la relativa sentenza della Corte europea di giustizia ma anche le aspettative di tutti coloro che guardavano alle strategie Farm to Fork e Biodiversità 2030, annunciate dalla stessa Commissione, come una vera speranza per il futuro.

La mobilitazione delle organizzazioni dei produttori biologici, dell’agricoltura contadina e della società civile, che hanno diramato un comunicato per protestare contro quella che è stata definita come una grave minaccia per le piccole e medie produzioni locali e per tutto il comparto delle produzioni biologiche e di qualità che caratterizzano il Made in Italy, segue le precedenti iniziative che avevano già bloccato il tentativo della ex ministra Teresa Bellanova di far passare quattro decreti pro Ogm durante le scorse festività natalizie. Il fronte italiano contrario agli Ogm non è l’unico in Europa dove una estesa coalizione aveva già inviato una lettera aperta al vicepresidente della Commissione, Frans Timmermans, per chiedere una posizione più intransigente di fronte alle richieste di deregolamentazione dell’agribusiness.
Navdanya nasce oltre trent’anni fa per proteggere la biodiversità dalle multinazionali dell’agribusiness. Ma il lupo, si sa, perde il pelo e non il vizio. Non è allora un caso che questo nuovo tentativo di deregolamentazione si basi sulle stesse promesse disattese già utilizzate per promuovere gli Ogm: meno pesticidi, maggiori rese, adattamento al cambiamento climatico. La realtà è che l’uso degli Ogm ha portato più danni che benefici, contribuendo a una serie di crisi ambientali, minacciando le conoscenze tradizionali dei contadini e la biodiversità.

Navdanya ha analizzato i casi delle melanzane Bt in Bangladesh, del mais Ogm in Messico e del Golden Rice nelle Filippine. In tutti e tre i casi le multinazionali hanno trovato il modo di introdurre semi geneticamente modificati sui mercati, in maniera più o meno lecita, creando conflitti ambientali e sociali che perdurano tutt’oggi. I presunti benefici di queste colture sono stati inoltre disattesi, nonostante la macchina della propaganda delle multinazionali biotech continui ad arrampicarsi sugli specchi per affermare il contrario. Nel 2018, la Fda (Dipartimento alimentazione e farmaci degli Stati Uniti) ha dichiarato che il Golden Rice non offre benefici nutrizionali e non fornisce livelli di vitamina A sufficienti per ipotizzare vantaggi per la salute.

Per fermare l’espansione del mais Ogm in Messico, 300 organizzazioni hanno presentato una class action a difesa della biodiversità. Nel 2013, un giudice ha imposto di fermare qualsiasi attività riguardante mais Ogm in Messico e nel 2020 un decreto presidenziale ha vietato l’importazione e l’uso del mais Ogm e del glifosato. In Bangladesh, numerose organizzazioni indipendenti hanno documentato le esperienze fallimentari dei contadini che hanno adottato la melanzana Bt.
Nonostante i fallimenti e i conflitti generati, i tentativi di imporre queste tecnologie, finalizzate ad acquisire la proprietà intellettuale sui semi, continuano. Le campagne di opposizione in Italia, Perù, Messico, Filippine, Bangladesh e India mostrano un chiaro percorso di resistenza.