Per la stampa inglese, l’intervento in Libia sarebbe ormai solo questione di settimane. Secondo il Times, le truppe britanniche si starebbero preparando con centinaia di uomini a sbarcare nel paese, già attaccato dai bombardamenti di Francia e Gran Bretagna nel 2011. Il contingente sarebbe parte di una «missione internazionale per stabilizzare il paese e combattere lo Stato islamico», si legge nell’articolo. I militari che dovrebbero comporre la missione verrebbero anche da altri cinque paesi: Italia, Francia, Spagna, Germania e Stati uniti. Gli Usa (come si apprende da una nota del Pentagono di alcuni mesi fa) non dovrebbero partecipare con uomini sul terreno, ma soltanto offrire intelligence e copertura aerea. Le trattative per la creazione della forza di peace-enforcing e la sua composizione sarebbero ancora in corso.
Secondo alcune fonti, dovrebbe essere proprio il governo italiano a guidare l’intervento in Libia. In questa fase non si parla di attacco contro Tripoli ma solo di intervento per facilitare l’attuazione dell’accordo di pace siglato in Marocco da Tobruk ma duramente contestato dal Congresso della capitale libica. Il generale Khalifa Haftar aveva ripetutamente chiesto un intervento internazionale per risolvere la crisi. Nel febbraio scorso Haftar aveva ottenuto l’aperto sostegno egiziano. L’aviazione del presidente Abdel Fattah al-Sisi aveva colpito la Cirenaica ed era pronto un intervento di terra contro Tripoli. Eppure la richiesta in sede Onu di riprendere la fornitura di armi a Tobruk e Bayda non era stata poi approvata, indebolendo l’iniziativa.
Tripoli si è sempre opposta all’eventualità di un nuovo intervento armato. Nonostante ciò non ha mai nascosto di vedere di buon grado un impegno italiano rafforzato nel paese. Dopo gli attacchi della Nato, Parigi e Londra hanno tentato di avvantaggiarsi dell’assenza italiana, soprattutto in termini di contratti petroliferi e di controllo delle risorse sul territorio. In merito alla lotta all’immigrazione clandestina, entrambi i parlamenti avevano avvertito Unione europea e Nazioni unite che attacchi per fermare i migranti in acque territoriali libiche non sarebbero stati tollerati.
Soprattutto il parlamento di Tripoli si è mostrato seriamente pronto a contenere il flusso di migranti procedendo a controversi arresti di chi sarebbe voluto partire direttamente in Tripolitania con il coinvolgimento delle autorità locali. Questo ha solo obbligato gli scafisti fin qui a costringere i barconi a partire più a est, in territorio egiziano, nei dintorni di Alessandria.
Lo scontro tra le due fazioni è stato esacerbato dalla condanna a morte inflitta nei giorni scorsi dalla Corte di Tripoli al figlio del colonnello Gheddafi, Saif al-Islam. Il verdetto pronunciato in assenza dell’imputato, nelle mani dei miliziani di Zintan, aveva suscitato le critiche di think tank di tutto il mondo e del Consiglio d’Europa.
Ieri il ministro degli esteri italiano, Paolo Gentiloni, è volato ad Algeri proprio per parlare del governo di unità nazionale in Libia. Gentiloni ha incontrato il premier in pectore del governo di Tripoli, Nuri Abusahmin. Assieme all’inviato Onu Bernardino Leon, Gentiloni ha chiesto al Congresso, sostenuto dalle milizie di Misurata e dagli islamisti moderati, di accordare il suo sostegno all’intesa di Skirat (Marocco), approvata da Tobruk. Tripoli contesta il ruolo di Haftar che resterebbe capo delle forze armate e la sede del nuovo parlamento che per due anni dovrebbe rimanere in Cirenaica.
Secondo la stampa locale – infine – ieri il temibile jihadista di Ansar al-Sharia, Abu Faruq Al-Libi sarebbe stato ucciso a Souk el Hout. Secondo il colonnello della brigata 21, Jamal al Zahawi, alleato di Haftar, i militari di Tobruk avanzano a Bengasi. Dopo mesi di combattimenti e una città ormai distrutta, i militari avrebbero ripreso il controllo della tomba di Omar al-Mukhtar (eroe libico della resistenza contro l’occupazione italiana), la strada Amr Ibn al-Aas, la piazza al-Shagara, la sede della Banca centrale e il principale porto della città. Tuttavia, 18 soldati sarebbero stati rapiti, dopo gli scontri avvenuti ieri a Ajdabiya sulla strada per Tobruk. Nei combattimenti sono morti cinque militari.