Italia

Una «macelleria» color cemento

Beni comuni A Roma cittadini contro la speculazione nel «Centro carni»

Pubblicato quasi 11 anni faEdizione del 9 ottobre 2013

Lo scorso 24 settembre il Coordinamento popolare contro la speculazione immobiliare dell’area denominata «Centro Carni» di viale Togliatti – di cui fanno parte diverse associazioni e comitati del territorio nonché forze politiche del V municipio tra cui Sel, Movimento 5 stelle, i circoli Pd di Centocelle e Tor Sapienza (elenco completo su coordinamentopopolare.it) – ha depositato presso il Segretariato Generale del Comune di Roma una proposta di delibera di iniziativa popolare per la revoca della delibera n. 81/2010, firmata dall’ex sindaco Alemanno, con la quale i 230mila metri quadri del Centro carni e le relative pertinenze – per un valore complessivo di 92 milioni di euro – sono stati conferiti all’Ama (previa «sdemanializzazione») al fine di aumentare il capitale sociale della S.p.A.
Il nuovo cespito patrimoniale acquisito ha inizialmente permesso, all’Ama, di ottenere dei prestiti dalle banche e coprire una parte del deficit accumulato ma, l’elevata quantità di debiti contratti e la pressione delle banche, hanno indotto l’Azienda ad incaricare un fondo immobiliare del gruppo Pnb Paribas per la valorizzazione dell’area, puntando ad una svendita di tipo speculativo che potrebbe portare ad oltre 400mila metri cubi di nuove residenze, con palazzi di 15 piani sul fronte Togliatti, progetto che rientra nel piano di assetto ideato dalla precedente giunta Alemanno. A ricordarlo, in una conferenza stampa tenuta ieri nell’Aula magna del «Centro carni», è stato il coordinatore Pd del V municipio Sergio Scalia, mentre la portavoce del Coordinamento Antonella Sassone ha ribadito che anche questo progetto di svendita rientra in quelle politiche di alienazione dei beni pubblici che portano inesorabilmente all’impoverimento del territorio e quindi dei suoi abitanti.
Oggi, per evitare che la crisi dell’Ama (municipalizzata dei rifiuti) favorisca la svendita e la speculazione immobiliare dell’area, occorre far tornare il «Centro Carni» – struttura che, sottolinea il Coordinamento popolare, rappresenta un vero «bene comune» della collettività cittadina – nella proprietà del comune di Roma. È questo l’obiettivo che il Coordinamento vuole raggiungere e c’è tempo fino al 24 dicembre per raccogliere le 5000 firme di cittadini romani necessarie per sottoporre al consiglio comunale la delibera di iniziativa popolare che vuole, in primo luogo, far rientrare gli spazi del «Centro Carni» nella disponibilità comunale, nonché successivamente l’avvio di una consultazione con istituzioni territoriali, associazioni e cittadini al fine di valutare il futuro sviluppo e utilizzo del complesso. Marinucci, assessore commercio e sport del V municipio, ha portato al Coordinamento la solidarietà del presidente Palmieri informando che la questione sarà oggetto di discussione nel prossimo incontro della commissione urbanistica.
«Lo stesso sindaco Marino – ricorda Falessi della Coop. Sociale «Assalto al cielo» – ha espresso in più occasioni la volontà di bloccare le speculazioni edilizie nella periferia romana, ipotizzando anche di utilizzare gli spazi del Centro carni per favorire l’attività di piccole imprese giovanili dell’artigianato e della cultura» che potrebbero tranquillamente convivere con i residui 50 operatori della macellazione tutt’ora presenti nel Centro e che riforniscono, a km0, moltissime macellerie della capitale. Una attività che, se ampliata, porterebbe nuovi posti di lavoro, secondo Alessandro Piroli rappresentante degli operatori «Centro carni», lo stesso che a maggio scorso aveva lanciato la proposta di aprire in alcuni giorni la vendita anche ai cittadini, per facilitare il consumo della carne a prezzi da ingrosso, proposta che le autorità comunali finora non hanno preso in considerazione.
La struttura di via Palmiro Togliatti entrò in funzione nel 1975, dopo lo smantellamento del vecchio mattatoio di Testaccio, ma le funzioni di macellazione si sono andate progressivamente riducendo; attualmente solo un terzo dell’area è adibita alla lavorazione delle carni mentre la maggior parte degli edifici sono stati abbandonati, in balia del tempo e delle intemperi.

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