L’incontro avvenuto lo scorso venerdì in Vaticano tra papa Francesco e la moglie avvocata Stella Moris – accompagnata dai figli Gabriel e Max – ha riacceso qualche speranza per la sorte di Julian Assange.

L’udienza è caduta in un momento delicatissimo della vicenda del fondatore di WikiLeaks. Le corti del Regno Unito stanno decidendo sui ricorsi del collegio di difesa contro l’estradizione negli Stati Uniti del giornalista che osò sfidare i misfatti del potere segreto. E, come teme il direttore della stessa WikiLeaks Kristinn Hrafnsson, la giustizia inglese potrebbe procedere prima ancora dell’annunciato coinvolgimento della Corte europea dei diritti dell’uomo.

Il Papa è contro la guerra e proprio per avere svelato i crimini dei conflitti dell’Iraq e dell’Afghanistan il giornalista australiano rischia la vita in un penitenziario d’oltre oceano.

Bergoglio, tra l’altro, è in rapporti di amicizia con il Premio Nobel per la Pace argentino Pérez Esquivel, che lanciò uno dei primi appelli per la libertà del nemico pubblico.

Domani – 3 luglio – in varie parti del mondo i gruppi FreeAssange festeggeranno il 52° compleanno di un detenuto in attesa di un processo di merito.

Barabba non può vincere sempre.