In un’intervista televisiva del 2017, Toni Negri spiegò il nesso che stringe le nazioni alla guerra, evidenziando che «le nazioni sono cose barbare, tribali. Io ho avuto tra le due guerre mondiali otto persone che sono morte nella mia famiglia. Senza alcuna ragione che permettesse benessere, una speranza di vita».

QUESTA BARBARIE si costruisce, come ha spiegato il sociologo algerino Abdelmalek Sayad, nella separazione radicale tra chi appartiene all’ordine nazionale – il cittadino, il soggetto pieno di diritti e portatore di civiltà – e chi è estraneo a questo ordine – il non nazionale con diritti ridotti ed elemento di disordine, dunque un potenziale pericolo.
Il libro Ospitalità e spirito del capitalismo. Teorie, storie, istituzioni (ombre corte, pp. 116, euro 10) di Fabrizio Denunzio, docente di Sociologia dei processi culturali all’Università degli studi di Salerno, si confronta con tali questioni dal lato del tema e della possibilità dell’ospitalità, chiedendosi quanto quest’ultima sia conciliabile con lo spirito del capitalismo. Il confronto è radicale, va al cuore del problema, mettendo in evidenza «l’incompatibilità tra l’accoglienza e lo spirito del capitalismo (se non a patto di un assoluto snaturamento della prima)» e opponendo a essa «la ferrea necessità di essere, per diventare davvero ospitali, semplicemente buoni con gli altri», con esplicito riferimento al filosofo Lévinas.

IL LIBRO PRESENTA alcune esperienze storiche dell’ospitalità dentro lo spirito capitalista, in particolare nel terzo capitolo, intitolato «Istituzioni della povertà», in cui si illustrano due esempi e un più generale processo di «ferocia borghese» verso i poveri che si è dispiegato in Europa lungo la modernità, come dimostrato dallo storico Braudel. Insieme, nel secondo capitolo («Storie di spiriti»), il testo mostra lo «spirito inospitale» del capitalismo, leggendo il sociologo tedesco Sombart, e il suo «ethos inospitale», derivato dallo studio di Max Weber.

AL TEMPO STESSO, il testo cerca esperienze storiche in controtendenza. Non è un caso che uno dei paragrafi abbia come titolo «La nazione contro la solidarietà operaia» e si sviluppi nel quarto capitolo, «Ospitalità e lavoro», in cui il confronto è direttamente non solo con il marxismo ma con le più ampie istanze di giustizia sociale che hanno ispirato la storia del movimento operaio, all’interno delle quali l’ospitalità segna un fattore determinante di riconoscimento e appartenenza tra simili. In questo senso, l’ospitalità è politica di parte: di chi vive del proprio lavoro in opposizione a chi si avvantaggia dell’asservimento e dello sfruttamento altrui per arricchirsi e diventare politicamente più forte.
Il titolo dell’ultimo paragrafo è, in questo senso, molto esplicito: «Lo sciopero contro le guerre come forma di accoglienza internazionale». Richiama lo sciopero del 20 maggio 2019 dei portuali di Genova che bloccò la nave saudita Bahri Yanbu carica di armi da utilizzare contro la popolazione civile dello Yemen. Il Collettivo autonomo lavoratori portuali (Calp) di Genova, protagonista della lotta insieme alla Filt Cgil, motivò questa iniziativa scrivendo di appartenere «a una storia e a una cultura marinara in cui il soccorso e l’accoglienza sono valori fondamentali»: evidenziando, in altri termini, quanto l’opposizione alla guerra e l’amicizia con gli oppressi siano costitutive della coscienza di classe. Qui c’è la conclusione del libro, che si collega non solo con la critica della violenza dei nazionalismi, ma anche con le riflessioni introduttive a una teoria dell’ospitalità, presentate nel primo capitolo («Dalle teorie a una teoria»).

NEL DIALOGO con Derrida, Lévinas e Sartre, Denunzio infine sceglie di dare centralità a quest’ultimo e al suo tema della vergogna, richiamato dalla violenza che si sprigiona anche nell’attualità contro gli altri: «Se ho scelto di partire dalla vergogna per avvicinarmi a una definizione dell’essere dell’altro, l’ho fatto perché non c’è altro sentimento da provare di fronte a quegli altri (quanti differiscono per razza, classe, genere, religione, cittadinanza, reddito, residenza, dalle norme sociali imposte da una concezione della vita che misura la realizzazione di sé nei termini di successo monetario e di sicurezza per difenderlo), che si trovano a dover essere accolti dalle istituzioni neoliberiste del mondo occidentale contemporaneo. Vergogna per altri, vergogna di sé».