Da ieri l’ex capo della polizia italiana fino al 2007 Gianni De Gennaro è ufficialmente il nuovo presidente di Finmeccanica. L’ok è arrivato dal Cda del gruppo che gli ha attribuito una serie di deleghe che sembrano ritagliate su un curriculum non certo dedicato al governo di un’azienda principe nel settore manifatturiero italiano. Si tratta dei rapporti istituzionali, le relazioni esterne e la comunicazione, la sicurezza e l’internal Audit. La si potrebbe definire un’operazione di immagine, voluta dal premier Enrico Letta, per risollevare la credibilità di un gruppo squassato dalle inchieste giudiziarie, con l’arresto dell’ex presidente Giuseppe Orsi a febbraio per una presunta tangente da 51 milioni per la vendita di 12 elicotteri Augusta Westland al governo indiano.
Chi più del super-poliziotto per antonomasia, con la «macchia» della «macelleria messicana» alla scuola Diaz di Genova durante il G8 del 2001, avrebbe potuto garantire che da oggi in Finmeccanica le inchieste sono un ricordo del passato?

Non sono bastate le voci critiche del Movimento 5 stelle e di Sel a persuadere il Ministero del Tesoro, azionista di maggioranza di Finmeccanica con il 30,2% delle azioni, a fermare l’ascesa di De Gennaro. E nemmeno le voci critiche dentro il Pd – alcune anche di primo piano come il viceministro all’economia Stefano Fassina – hanno potuto nulla.
Massimo Mucchetti, presidente Pd della commissione industria al Senato, ieri ha detto che la nomina di De Gennaro «conferma i piani del managementattuale». Secondo l’ex vice direttore del Corriere della Sera «uno stato azionista serio non ha bisogno di una mozione parlamentare per fare le nomine». La sua impressione è che il governo voglia trattare Finmeccanica come un fondo di «private equity» e non usarla per fare politica industriale. Se lo avesse voluto, forse avrebbe nominato Giuseppe Zampini, capo di Ansaldo Energia controllata da Finmeccanica. Un manager che non s’intende di intelligence, ma ne capisce di strategie industriali ed è quindi capace di esprimere un parere sulla vera posta in gioco: confermare la sua vocazione duale tra militare e civile oppure dismettere il civile (Ansaldo Sts e Ansaldo Energia, ad esempio) a favore del militare per ripianare i 4,6 miliardi di euro di debiti. Quest’ultimo sarebbe il parere dell’attuale amministratore delegato Alessandro Pansa, uomo che viene dalla finanza e oggi si occupa di industria, Una prospettiva a cui si oppone il ministro allo sviluppo Economico Flavio Zanonato. Pansa di recente ha sostenuto che il debito è sotto controllo e la cessione degli asset strategici è fuori discussione. Un altolà che non è bastato a fermare il turbinio di voci sull’azienda che ha ricevuto, tra l’altro, una parte dei 12,9 miliardi di euro per la costruzione degli F35.

Finmeccanica ha scommesso con alterne fortune sul militare. Grazie a Oto Melara controlla una fetta importante del mercato delle artiglierie navali e terrestri, dei carri armati e dei blindati, oltre che dei sistemi antiaerei. Ma gli affari non vanno benissimo. L’ingresso sul mercato Usa per gli azionisti si è trasformato in un bagno di sangue da 6-7 miliardi di euro a causa della rinuncia da parte degli Usa all’acquisto buona parte dei 145 velivoli C27J per trasporto delle truppe in Iraq e Afghanistan. La rinuncia di Obama all’acquisto di 23 elicotteri da 6,5 miliardi di dollari e l’acquisizione di Drs Technologies nel maggio 2008 a prezzo maggiorato (3,4 miliardi di dollari, con azioni aumentate da 63 dollari e 74 cent a 81 dollari) hanno rappresentato un’altra battuta d’arresto per i bilanci della holding. Questa è la partita non brillantissima che De Gennaro dovrà provare a gestire. I sindacati pensano che la sua nomina agevolerà il progetto della dismissione. Lo crede Antonio Graniero, segretario genovese della Cisl: «È il risultato dell’avallo del governo al progetto di Pansa di vendere il settore civile». Lo credono i vertici della Cgil ligure, Federico Vesigna e Ivano Bosco che temono un’aggravarsi dell’emergenza occupazionale nella regione.

Massimo Masat, coordinatore nazionale Fiom in Finmeccanica, va al sodo. Ad aprile i sindacati hanno siglato con l’azienda un protocollo «per la competitività e le relazioni industriali». L’obiettivo sarebbe quello di coinvolgerli nel confronto sulle scelte strategiche del gruppo. Per Masat è giunto il momento: «C’è bisogno – dice – di un confronto preventivo che metta il gruppo al riparo dalla cessione e sugli effetti che potrebbe produrre. Noi ci opporremo alla cessione, anche se le dovessero portare avanti i nuovi vertici. Finmeccanica ha bisogno di un serio piano industriale. Di questo il governo è responsabile».