Sono ovviamente anch’io sostenitore di una candidatura di Gianfranco Bettin a sindaco di Venezia, perché di Venezia si può dire che egli si occupa da quando è nato (peraltro a Marghera, la parte operaia della laguna), con generosità e competenza.

Molti anni fa lessi su Linus e su Lotta continua dei suoi interventi letterari non convenzionali, e mi piacque soprattutto la sua difesa della Storia di Elsa Morante, in mezzo a tante sciocchezze scritte dai filo-avanguardisti iper-rivoluzionari post ’63. Chiesi di lui a Diano, l’amico factotum della redazione di LC, che sbagliando al cento per cento mi disse – chiaramente lo confondeva con un altro – trattarsi di un giovane professore in carriera. Ciò nonostante gli telefonai e ci demmo appuntamento alla stazione di Santa Lucia, dove sbarcavo spesso per motivi, diciamo così, di famiglia, e mi trovai davanti un ragazzo magro e beneducato, con l’aria di adolescente. Poco tempo dopo mi chiese di scrivere una prefazione per la sua tesi, giudicata degna di pubblicazione dall’università di Padova: un’inchiesta sulla gioventù veneta.

Andò da sé che, tramite l’area dei Piacentini e di Ombre rosse, Bettin diventasse amico di tanti, e soprattutto di Grazia Cherchi e di Gad Lerner. Morante volle conoscerlo e se ne entusiasmò: un vero giovane militante e proletario, bensì colto ed esigente. (Con l’aggiunta di Stefano Benni e di Oreste Del Buono, fu grazie a questo strambo gruppo di persone se, oltre la difesa di Morante, si riuscì infine a imporre la conoscenza e l’apprezzamento, editoriale e critico, delle opere di Kurt Vonnegut, passione ancora di pochi).

Sono stato ospite più di una volta nell’appartamento delle case popolari (mi pare che il padre, gran bella persona, fosse controllore sugli autobus che collegano, oltre il lungo ponte, Venezia alla «terraferma»), proprio di fronte al petrolchimico, e nelle notti di estate, con le finestre per forza spalancate, arrivava a scadenze regolari la luce violenta e il calore oppressivo delle fiamme degli altoforni. Grazie a Bettin e al suo bel gruppo di amici e coetanei, posso dire di aver conosciuto davvero Venezia, il suo bello e il suo brutto e problematico, ma da un’angolatura insieme colta e proletaria, vissuta.

Ho seguito più tardi, a distanza o più da vicino, le tante attività di Bettin, e sì, per quel tanto che ne capisco, nessuno più di lui sarebbe il sindaco giusto per Venezia.