Una vita minima, una vita di relazione. Al centro una giovane coppia di francesi – Théodore e Dorothée – che prova per la prima volta a vivere insieme a Parigi in un appartamento minuscolo e carissimo. Attorno a loro solo qualche amico, l’università e una città dall’apparente infinita grandezza e delicatezza.

ED È PROPRIO la delicatezza la cifra di questo minimale e intimo romanzo di Alexandre Postel, Théodore e Dorothée (Minimum Fax pp. 207, euro 17, traduzione di Stefania Ricciardi), che racconta le avventure amorose della coppia attraverso i passi quotidiani dei due amanti, la ricerca ansiosa del bilocale, il fascino irrequieto per una città placida quanto rigenerante, l’aiuto e la perplessità delle famiglie di origine.
E così mentre Dorothee – la sera dopo il lavoro a scuola – lotta nel tentativo di portare a termine una tesi di dottorato senza borsa e tutta da scrivere, e Theodore si arrabatta con qualche lavoro digitale, la coppia cresce, muta nelle ambizioni e nello sguardo sul mondo e sulla politica che vede la caduta di Dominique Strauss-Kahn e l’ascesa imprevedibile dell’opaco François Hollande.

LA COPPIA diventa tutt’uno nell’analisi di ciò che la circonda, gli amici ambiziosi: quelli che ce l’hanno fatta a entrare all’Ena e quelli severi e sicuri di sé che da anni lavorano privi di alcun dubbio in qualche libreria indipendente del centro. Sullo sfondo sempre Parigi, infinita mille volte e nota, ma che Alexandre Postel sa raccontare dal punto di vista fragile di una coppia affascinata quanto spaventata, non sono più gli anni di Paris nous appartient, ora la lotta è per una palestra o per del cibo a chilometro zero o contro la seduzione dei surgelati di Picard. Tuttavia non si tratta di sentimenti superficiali, ma di un tremore che scuote la coppia in perenne quanto stupita difesa di se stessa. Le stagioni si alternano tra delusioni e rassegnazione fino a un’ultima insperata possibilità dall’esito tutto sommato prevedibile.

IL ROMANZO costruito con frasi brevi, lingua piana (con un divertente omaggio a Pierre Michon) sussurra un’angoscia, un pericolo incombente, mai citato, ma alluso fino alla fine. L’attentato a Charlie Hebdo sta per accadere, la presidenza di Hollande è sempre più segnata dalla mediocrità di un governo liberticida e incapace di reagire al terrorismo percorrendo la strada dal diritto oltre che vera e propria fucina delle future riforme liberiste di Emmanuel Macron. A Théodore e Dorothée non resta che avvolgersi, come lascia intuire anche la bella illustrazione in copertina di Patrizio Marini. Un romanzo che affronta l’intimità di una generazione priva di luoghi di appartenenza politica come territoriale, una generazione che affronta con obbligata superficialità le occasioni che non possono più scaturire, ma solo capitare. Una generazione sensibile che raramente sa farsi coppia, ma che spesso proprio nella coppia – duri quel che duri – sa rivelare un sentimento tanto negletto e occultato come quello della delicatezza.

L’INGENUITÀ GIOVANILE, narrata con tanta precisione, è l’omaggio migliore che Postel fa a un tempo carico di perenne malessere che tutto fa esplodere: relazioni, affetti, passioni.
Un terrorismo sentimentale quale vera e propria conseguenza, e anticipazione al tempo stesso, di quello cosiddetto reale. Un’epoca in cui la felicità sembra essere rotolata via lontano, Postel recupera il sentimento della delicatezza e lo fa indossare a Théodore e Dorothée, un quasi anagramma intrecciato di affetto e cura.