Che fine hanno fatto le vecchie razze di galline dal piumaggio talvolta variopinto che un tempo scorrazzavano libere nelle corti di campagna offrendo ai contadini uova fresche, carni e il riciclo degli scarti vegetali della cucina? Molte sono praticamente scomparse e altre sono in pericolo di estinzione. Un patrimonio genetico perso o lì per esserlo. «Nel nostro Paese negli anni Cinquanta del secolo scorso si potevano contare all’incirca una trentina di razze di galline locali, italiane, mentre oggi ne sono rimaste circa la metà e per molte di loro il numero di capi è davvero ai minimi termini», afferma Simone Cepollina, agrotecnico e giudice avicolo. «Tra le razze nostrane a rischio di estinzione – prosegue – sono la Polverara, la Siciliana, la Valdarno e la Padovana, un tempo molto presenti nelle campagne». E ancora: «Nemmeno quelle ornamentali se la passano bene, a loro sfavore gioca il fatto di non essere sempre facili da allevare, ma anche di non fornire uova o carne».

LE CAUSE DI QUESTO INARRESTABILE declino «vanno ricercate principalmente nella mancanza di allevatori o meglio nello scarso reddito che offrono», precisa Cepollina. Negli allevamenti intensivi di ovaiole, infatti, da tempo le vecchie razze di gallina sono state soppiantate da quelle cosiddette «ibride», ottenute incrociando alcune del passato molto produttive. «Il risultato è che queste ultime riescono a deporre circa 250-300 uova all’anno contro le 100-150 di quelle di un tempo», ricorda Cepollina.

IN QUESTO STILLICIDIO DI RAZZE, ma soprattutto di patrimonio genetico, un lumicino di speranza si è acceso grazie a tante associazioni di piccoli allevatori sparse in tutta Italia che mantengono in purezza alcune vecchie razze, ma anche per l’operato di semplici appassionati che disponendo di un pezzo di terreno allevano pochi capi per ottenere uova fresche. Una passione in continua crescita. Lo dimostrano il migliaio di soci iscritti alla Federazione italiana associazioni avicole e gli hobbisti, non censiti, che si presume siano in numero superiore a quello prima citato. «Si può azzardare che in Italia vi siano oltre 4 mila persone che detengono avicoli ornamentali.

«C’E’ SICURAMENTE NEL NOSTRO PAESE un ritorno all’allevamento familiare delle galline per la produzione di uova, ma purtroppo – afferma Maurizio Arduin, esperto allevatore e zoonomo – molto spesso si impiegano gli ibridi dato che i piccoli allevatori amatoriali si riforniscono presso le rivendite agrarie che offrono quasi esclusivamente questo tipo di animali». Questo è un problema, precisa l’allevatore, che si può risolvere solo attraverso il recupero da parte di Allevatori Custodi delle razze storiche, molte delle quali ancora presenti in Italia o all’estero per poi metterle a disposizione degli allevatori o di semplici appassionati.

SU QUESTO FRONTE DA ANNI SI STANNO muovendo diverse regioni, attraverso i Piani di sviluppo rurale, incentivando gli allevatori a mantenere in purezza le vecchie razze. «Per esempio, nel Veneto – continua Arduin – con il programma Bionet vengono conservate da questi allevatori custodi oltre una ventina di vecchie razze di polli, faraone, tacchini, anatre e oche. I pulcini che nasceranno verranno poi ceduti ad altri allevatori, anche ad hobbisti, per mantenere in vita, e in purezza, la razza».

DIVERSA È INVECE LA SITUAZIONE nei Paesi del nord Europa – Inghilterra, Germania, Olanda, Belgio – ma anche nella vicina Francia dove sono tanti gli appassionati allevatori di questi avicoli. «Se guardiamo per esempio all’Inghilterra, paese molto tradizionalista, ma anche all’Olanda, scopriamo – ricorda Cepollina – che quasi tutte le loro razze non sono a rischio di estinzione e questo è dovuto al fatto che vengono trasmessi ai giovani la passione per questi animali e la cultura della conservazione delle razze avicole, soprattutto di quelle locali. I cugini francesi, per esempio, organizzano molte mostre dove le vecchie razze di polli sono vere attrazioni. Fiere molto partecipate. Per esempio, nell’ultima mostra nazionale di Limoges dell’ottobre scorso vi sono stati più di diecimila ingressi, numeri irraggiungibili nel nostro Paese».

CI SONO ANCHE GALLINE COME AIUTO nella riduzione degli scarti di cucina. Dai cugini Transalpini qualche anno fa arrivò anche da noi l’idea di utilizzare le galline per il riciclo degli scarti vegetali della cucina. Promotore fu il sindaco di Barsac, un paesino francese a circa 40 chilometri da Bordeaux, che distribuì gratuitamente una coppia di questi animali ai concittadini spiegando loro che tenendole nel giardino avrebbero avuto il vantaggio di una drastica riduzione dei rifiuti vegetali e la garanzia di uova fresche quotidiane. Un affare! Utilizzare le galline come soluzione ecologica per ridurre i rifiuti prodotti.

L’ECO DI QUELLA TROVATA FECE BRECCIA in altre amministrazioni francesi, ma anche nel nostro Paese in comuni di piccole dimensioni, desiderosi di sperimentare l’idea del sindaco di Barsac. Una delle esperienze più importanti fu assunta dall’Unione di comuni Valdarno e Valdisieve, nelle vicinanze di Firenze, con il progetto Adotta du’ galline al quale, fin da subito, aderirono trecento famiglie. Il progetto però non venne più rinnovato per motivi tecnico-amministrativi nonostante la verifica positiva sull’utilità e sull’interesse dei cittadini.

OGGI UN ESEMPIO DEL GENERE lo possiamo trovare attivo nel comune di Oliveri (Messina). Nel 2021 è stata consegnata una gallina a 153 famiglie per diminuire la frazione organica nella raccolta differenziata. «Quelle che hanno aderito alla nostra proposta – dice Francesco Iarrera, sindaco di Oliveri – hanno ottenuto un risparmio della tassa rifiuti del 25 per cento».

DA QUALCHE TEMPO POI NON E’ DIFFICILE scorgere questi simpatici pennuti pascolare liberamente nei giardini delle case con in un angolo pollai (prodotti da piccole ditte) esteticamente sempre più belli e studiati proprio per questo luogo. In questo caso la scelta della razza da allevare si sofferma sulla colorazione del piumaggio, che deve essere in «armonia» con il resto del giardino, e sulla possibilità di ottenere una piccola produzione di uova. «La Livorno e la Padovana tra le razze italiane e la Sussex, la New Hampshire o la Wyandotte tra quelle straniere sono molto graziose e appariscenti», racconta Cepollina. Più problematico sarebbe tenere anche un gallo, «ma qui subentra il problema dei vicini quando canta, anche se questa scelta offrirebbe il vantaggio di far nascere i pulcini».

C’È CHI LI TIENE ANCHE IN APPARTAMENTO. Come già succede per i conigli, anche per le galline ci sono razze adatte ad essere allevate in appartamento. «Oggi si stanno diffondendo alcune molto piccole, 500-600 grammi, con un carattere docile che vengono considerate da compagnia», ricorda Simone Cepollina. «Ha fatto da apri-strada la Serama circa 15 anni fa, la gallina più piccola del mondo. Si tratta di una razza che può stare ferma per ore su un trespolo; ma ci sono anche la Pechino, la Moroseta nana, la Cocincina nana, le Barbute belghe che possono vivere in poco spazio. Accudirle poi è abbastanza semplice, basta tenere in casa o sul terrazzo, riparata dalla pioggia, una gabbia ben chiusa sui lati in modo che non esca la lettiera e apporre al suo interno una mangiatoia per il mangime e un abbeveratoio per l’acqua. Rispetto a un coniglietto nano, per fare un paragone, danno meno da fare perché le razze avicole nane sporcano poco», conclude Cepollina.