In una pagina dell’Uomo e il divino, María Zambrano scrive: «Le rovine ci offrono l’immagine della nostra segreta speranza in un punto di incontro tra la nostra vita personale e quella storica». Questa riflessione della filosofa spagnola potrebbe risuonare come il basso continuo dei racconti da cui è composto l’ultimo libro di Judith Schalansky, Inventario di alcune cose perdute (nottetempo, traduzione di Flavia Pantanella, pp. 252, € 19,00). Nata nel 1980 a Greifswald, cittadina universitaria del Nord della Germania affacciata sul Baltico, Schalansky è esperta di storia dell’arte e di design, e oltre che scrittrice è insegnante di tipografia. Da...