Piazza del Plebiscito era un mare di persone ieri sera, per il secondo giorno di seguito. Napoli da lunedì rende omaggio a Pino Daniele, la voce blues dei vicoli del quartiere San Giuseppe dove era nato, tra piazza Santa Maria La Nova e piazza del Gesù. I figli hanno voluto il funerale a Roma, ma le scritte apparse sui muri delle strade con i testi delle sue canzoni, il flash mob di martedì dove in centomil si sono ritrovati per intonare insieme Napul’è, la volontà dei fratelli, ha convito il resto della famiglia a concedere un ultimo saluto sotto il Vesuvio. Una piccola folla ha iniziato a radunarsi dalle quattro del pomeriggio, gente che portava con sé chitarra o mandolino per intonare i versi «Napole è mille culure», ormai diventata un inno. «L’intro musicale – racconta Giovanni, che fa il musicista – è stato importante: la città negli anni ’70 aveva praticamente messo da parte il mandolino, lo aveva scordato. Pino Daniele ce lo ha restituito, dando dignità alla nostra memoria musicale».

La famiglia arriva un po’ per volta. I fratelli Nello e Salvatore hanno partecipato alla funzione nella capitale, Carmine Rosanna e Patrizia hanno scelto di restare e intervenire alla celebrazione in piazza del Plebiscito, non più nella basilica di San Francesco di Paola ma all’aperto, come un abbraccio alla città, officiata dal cardinale Crescenzio Sepe. «Ho fatto di tutto e l’ho portato a Napoli – racconta Carmine -. Non dormo da tre giorni, mi hanno fatto litigare con tutti, alla fine siamo qua». La gente attende: riunita in gruppi canta i brani più famosi, commenta gli ultimi sviluppi di cronaca. C’è chi fa volare le lanterne azzurre a forma di cuore, chi si aspetta un concerto improvvisato degli amici musicisti. I venditori ambulanti si sono attrezzati con bancarelle volanti di ceri: quello che si svolge in piazza è un funerale e come un funerale inizia con i cori della liturgia religiosa. La famiglia vuole sentire l’abbraccio del popolo di Pino, la commozione e la malinconia, non c’è posto per nessuno spettacolo.

Alla spicciolata arrivano gli artisti. Maria Nazionale sfila nel retropalco per salutare la famiglia di Pino Daniele. L’attore Francesco Paolantoni si ferma a raccontare: «Alla fine degli anni ’90 volevo girare un film, Pino doveva farmi le musiche, ne abbiamo parlato a lungo a casa sua ma poi non ho realizzato il progetto. L’unico rimpianto è proprio non avere avuto la sua colonna sonora. Io sono rimasto a Napoli ma capisco la sua scelta di andare via. Fuori da qui ha vissuto tranquillo, non sarebbe mai passato inosservato tra le vie di Napoli». La mattina a Roma, la sera a piazza del Plebiscito, con la voce rotta dal pianto Enzo Gragnaniello: «La sua poesia è un disinfettante per l’anima. La folla che si raduna da due giorni? Bisogna lasciarsi andare per capire l’inspiegabile. Il 16 e il 17 dicembre avevamo suonato insieme per il tour Nero a metà, l’ultima volta che ho sentito la sua voce è stato per gli auguri di capodanno. Da lunedì torno continuamente a trovarlo, voglio essergli fisicamente vicino più che posso prima di lasciarlo andare». L’artista Lello Esposito ha diviso la giovinezza tra i vicoli con Pino Daniele: «Eravamo in due comitive diverse perché era più grande di me, lo chiamavamo Pinotto. Poi l’ho rincontrato a casa di Massimo Troisi, che era amico mio.

Adesso è andato ma resta tra noi, come tutti i patrimoni artistici resta nell’anima di una comunità». Stesso scenario, il centro storico, altra amica di giovinezza e artista, Valentina Stella. Una voce bellissima e intensa capace di impastare la melodia napoletana e la contemporaneità: «Fu Pino a portarmi in tv, sulla Rai, in un programma dedicato alle nuove leve della musica partenopea, avevo sedici anni. Fu lui a chiamare mio padre a casa: ’Enzu’ accendi la televisione, ci sta Immacolata’. Un legame di amicizia e affetto, usava il mio vero nome, era un secolo fa quando non c’erano i cellulari. Ho suonato con lui nell’ultimo concerto. Avevamo in comune l’approccio alle radici, mi diceva sempre: ’Siamo in un cerchio dove il tempo scorre, tu sei un punto che deve lasciarsi trascinare. Perciò quello che si sta svolgendo in piazza non è un addio ma una festa del cuore, è qui con noi». Una manciata di minuti prima delle 19 il feretro arriva in piazza, viene portato sul palco allestito nell’emiciclo davanti la basilica. Tony Cercola arriva di corsa da Roma, la folla esplode in un applauso. La funzione religiosa prosegue fino al saluto finale, quando gli altoparlanti diffondono la voce di Pino Daniele e la sua «Napul’è mille culure» un boato, e poi «Tu dimmi quando, quando ci rivedremo ancora».