Una famiglia su tre non è in grado di sostenere la didattica a distanza (Dad) dei figli durante il lockdown tra marzo e maggio del 2020. È il risultato di una ricerca dell’Unicef con l’Università Cattolica del Sacro Cuore «La didattica a distanza durante l’emergenza Covid-19: l’esperienza italiana» condotta su 1.028 famiglie italiane nel giugno dello stesso anno. Il 27 per cento del campione sostiene di non avere avuto le tecnologie necessarie per i collegamenti online, mentre il 30% ha sostenuto di non avere avuto il tempo di seguire i figli, soprattutto i più piccoli. Questo aspetto rivela che per assicurare una continuità nelle lezioni in Dad è necessario che i genitori, si presume in particolare modo le madri, affianchino i figli nel processo di apprendimento trasmesso attraverso gli schermi dei computer. Secondo lo studio ciò ha comportato, nel sei per cento dei casi analizzati, l’abbandono delle lezioni da parte dei bambini più svantaggiati, soprattutto a causa di problemi di connettività o per mancanza dei dispositivi necessari per ricevere il segnale. Da qui nasce l’esigenza, ancora da soddisfare, di una connessione Internet stabile e conveniente e a dispositivi digitali capaci di sostenere le videochiamate sulle piattaforme educative digitali, molto spesso proprietarie.

«NONOSTANTE L’ITALIA sia un Paese con una connessione a internet diffusa, molte famiglie hanno incontrato difficoltà – sostiene Daniel Kardefelt-Winther, responsabile della ricerca su bambini e Internet di Unicef Innocenti – Le famiglie più numerose hanno incontrato difficoltà a tenere il passo con la crescente domanda di dispositivi per ognuno dei loro bambini che frequenta la scuola. Queste famiglie dovrebbero beneficiare di un ulteriore sostegno finanziario se la didattica a distanza dovesse rimanere una strategia a lungo termine». Gli investimenti del governo uscente «Conte 2» sul software, l’hardware e le infrastrutture sono state cospicue e tuttavia non sufficienti, considerato il livello di partenza. Il 46 per cento delle famiglie intervistate ha ricevuto nuovi dispositivi digitali dagli istituti scolastici e una famiglia su quattro ha ricevuto un abbonamento a internet per accedere alla Dad. «I nostri dati sono incoraggianti perché mostrano che la maggior parte dei bambini erano motivati a partecipare alla Dad. I genitori hanno notato risultati positivi della didattica a distanza sui loro figli, come una maggiore autonomia nell’uso delle tecnologie digitali per i compiti a casa e una maggiore indipendenza nella gestione delle attività scolastiche. Tuttavia, non possiamo sottovalutare le disuguaglianze che esistono anche tra le famiglie con connessione a internet, né possiamo ignorare i bambini, anche se pochi, che hanno abbandonato la scuola con il passaggio alla didattica a distanza» ha aggiunto Giovanna Mascheroni, docente si Sociologia dei media all’Università Cattolica.

IL LOCKDOWN, insieme alle attività di apprendimento online, hanno fatto sì che i bambini utilizzassero le tecnologie digitali con maggior frequenza rispetto a prima, ossia con un considerevole aumento di 4-5 ore di connessione al giorno rispetto al periodo precedente al lockdown. Questo aumento può essere direttamente attribuito alla didattica online, mentre il tempo dedicato ad attività non scolastiche è stato ridotto a 2-3 ore rispetto agli anni precedenti, forse a causa di un affaticamento causato dall’uso dello schermo durante il lockdown e dalle attività della Dad. I più colpiti dall’esperimento forzoso, e improvvisato, della didattica telematica sono stati gli studenti, in particolare quelli tra i 10 e 11 anni. Il rapporto segnala la necessità di assicurare un supporto anche psicologico, oltre che per l’apprendimento. Lo schermo è stato anche per loro l’unica occasione per mantenere le amicizie, anche se non vanno esclusi fenomeni di abbandono e isolamento. L’82 per cento degli intervistati desidera che le scuole favoriscano una maggiore interazione tra gli studenti e il loro benessere psicologico.